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| Una giovane vedova esce dalla tenda della levatrice con una boccetta stretta in mano.
Giunta lontano da occhi indiscreti, si getta in ginocchio, la grande pianura Wickan ai suoi piedi, le mani strette sul suo ventre.
La levatrice era stata chiara: il figlio che era dentro di lei è vuoto, senz’anima, maledetto per motivi noti soltanto agli spiriti.
Stappa la boccetta e pensa al dolore che avrebbe provato di lì a poco ma subito dopo sarebbe arrivato un piacevole intorpidimento, lì, lontano dagli occhi dell’accampamento, lontano dalla vergogna.
Nonostante il cielo fosse stato limpido fino a quel momento, una nuvola nera e minacciosa è in arrivo all’orizzonte.
La vedova la ignora e porta la boccetta alla bocca.
La levatrice, ansimando, afferra il braccio della vedova e le strappa la boccetta dalla mano, gettandolo a terra.
La vedova non capisce e chiede, urlando, perché.
La levatrice, incapace di parlare, continua a fissare la nuvola che si fa sempre più grossa a mano a mano che si avvicina.
Ormai è quasi giunta alla collina e la vedova è piena di terrore, la levatrice le stritola il polso.
Sono mosche!
La levatrice grida di angoscia, lascia il polso della vedova e cade in ginocchio.
Il cuore della vedova batte forte e all’improvviso… non sono mosche, sono corvi!
Dentro di lei il bambino torna a muoversi.
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