Prima di tutto ti voglio fare i complimenti la recensione. Condivido quasi tutto quello che hai scritto.
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Inizio con il ribadire, come fatto nel topic di presentazione, quanto importanti siano le premesse ricevute,nel mio caso online, sulla struttura della saga in questione. Complessità, nebulosità, inizi in medias res, narrazione su decine di punti di vista multipli e necessità di pazientare per ricevere risposte e soddisfazione. Tutte fondamentali per non arrendersi alle prime difficoltà, per non storcere il naso davanti ad alcune scelte, e quindi per non mollare la saga nel suo esordio. Quindi apprezzo e condivido i tentativi della community di allargarsi e propagandare il più possibile l’epopea di Erikson facendo buona informazione sulle sue caratteristiche. Forse proprio per merito di tali premesse devo dire di aver trovato durante la lettura meno difficoltà di quanto mi aspettassi.
Ciò che dici mi fa un immenso piacere. Malazan è un opera che va letta, e negli ultimi anni noi (a partire da Unexist che ha fondato il blog, il forum e il gruppo su facebook) ci siamo dati un gran da fare per far conoscere Erikson e soprattutto aiutare chi si approcciava all'opera per la prima volta.
Nel tuo caso specifico, se non avessi ricevuto questo aiuto, avresti fatto più fatica a finire i Giardini o avresti addirittura abbandonato la lettura?
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Inizierei da un’analisi tecnica della scrittura di Erikson, che mi ha profondamente sorpreso. Anticonvenzionale e distante da qualsiasi forma di ammiccamento al marketing e alla captatio benevolentiae nei confronti del lettore. Erikson non racconta ciò che il lettore vorrebbe sentirsi dire. Nessuno schema preformato, nessuna necessità di spiegare nel dettaglio le tante vicende narrate, nessuno strumento narrativo atto a generare nel lettore un meccanismo di lettura passiva, così tanto diffusa nel genere. Se c’è una cosa che ho spesso criticato al fantasy moderno è la sua incapacità di offrire potenzialità di riflessione al lettore. Il fantasy si limita ad un’attività passiva d’estraniazione e immersività. Ovviamente ci sono le eccezioni, alcune delle quali di certo non conosco, ma Erikson è probabilmente l’eccezione massima a questa regola. Impossibile immaginare una lettura passiva del libro Malazan dei Caduti. Lo stile dell’autore ti spinge a mantenere costantemente acceso il cervello, a ragionare, teorizzare, speculare su quel che è stato e su quel che sta avvenendo, lavorare mentalmente per connettere i fili, per ricostruire il quadro delle vicende in attesa delle risposte che arriveranno (o forse no) dopo molte pagine o alcuni libri. Questa per quanto mi riguarda è la più grande qualità della saga perché fa si che MBOTF sia una saga LETTERARIA già nella forma, senza bisogno di soffermarsi sulla sostanza (sulla quale ci sarebbe anche molto da dire).
Poco intrattenimento (passivo), tanta letteratura.
Quoto ogni parola, e aggiungo che Erikson continuerà a fare così. A scrivere ciò che vuole senza dare la pappa al lettore
Non è un caso che il quinto libro (Maree di Mezzanotte) e l'ottavo (I Segugi dell'Ombra) siano altri due scogli per molti lettori. Quando ci arriverai, capirai cosa intendo.
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Nel merito di questi primi due libri (che sono una percentuale scarsa del totale, ma sufficiente ad esprimere una prima analisi), lo stile dell’autore migliora in maniera netta nel secondo volume rispetto al primo, premesso che i Giardini, per essere un romanzo di esordio di un autore che al tempo della scrittura non era neanche tale, si dimostra un gran romanzo.
Il miglioramento netto deriva dal fatto che i Giardini della Luna è stato scritto nel 1991, ed era nato come sceneggiatura per un film. In seguito è stato adattato a romanzo dato che il progetto non era andato in porto. In quel periodo Erikson era ancora un archeologo a tempo pieno, poi prima di scrivere il resto della saga, ha fatto un corso di scrittura creativa e in seguito ha lasciato la professione per diventare uno scrittore a tempo pieno.
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E’facile parlare dei difetti oggettivi che ha quel libro, ma non si parla mai di quanto sia comunque ben scritto per essere un’opera così immatura. L’intreccio è appassionante, complesso ma mai caotico. La sensazione di perdersi sovviene solo se si spegne il cervello, mentre una lettura attiva dà la sensazione di trovarsi in un quadro nebuloso ma definito. Più di una volta mi è toccato tornare indietro di decine e pagine per rileggere passi e momenti che potevo reinterpretare alla luce delle nuove informazioni ottenute, e questo meccanismo si mantiene anche tra libro e libro, generando quindi di fatto l’enorme potenziale di rilettura che questa saga possiede.
Concordo sul fatto che i Giardini sia comunque un ottimo libro, molto appassionante. Sul caotico invece, sono dell'idea che alcune scene d'azione principali potessero essere scritte in maniera diversa, soprattutto nel finale. Anche se un po' acerbo, già in questo primo libro si intravedono le qualità di Erikson come scrittore.
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1) DESCRIZIONI . Scarne per non dire assenti nei giardini, che di fatto è un romanzo costituito da sola azione (con azione intendo anche un semplice dialogo, ovvero un evento dinamico che manda avanti la storia). Ho apprezzato concettualmente questa caratteristica che fa in modo che finalmente ci si possa trovare davanti a libri enormi ma non costituiti di un buon 30% di descrizioni dilungate all’inverosimile per mere esigenze di mastodonticità. Concetto apprezzabile ma estremo nei giardini, che soffre di una troppo netta assenza di elementi descrittivi, con la conseguenza di creare situazioni che il lettore non riesce minimamente a immaginare. La Dimora riprende il concetto portandolo a maturazione. Le descrizioni restano secondarie rispetto allo sviluppo narrativo ma sono presenti, ben distribuite e scritte bene. I luoghi, i personaggi e le situazioni della dimora fantasma risultano più chiare e stilisticamente Erikson ci dona alcuni passaggi descrittivi di rara bellezza.
Le poche descrizioni sono un tratto distintivo di Erikson, e sono contento che questa caratteristica tu l'abbia apprezzata. Lo stile è veloce e privo di fronzoli, eppure tutt’altro che trascurato nello stile.
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2) SCENE D’AZIONE. Direttamente collegato al punto precedente, dato che la scena d’azione è in fondo una descrizione (dinamica). Questo è a mio avviso il difetto stilistico più eclatante dei giardini. Le scene d’azione sono scritte male, confusionarie e costringono il lettore a rileggere più volte le stesse frasi per capire come si svolge l’azione. Con la dimora il miglioramento tecnico in tal senso è straordinario. L’azione nelle tante, tante scene di battaglie, scontri, fughe o pericolo è più chiara e ordinata, e a parte qualche piccola eccezione non ho mai dovuto rileggere gli stessi passi per comprenderli. Significative in tal senso che splendide scene di guerra della Catena dei Cani (punto più alto del romanzo) o le tante scene d’azione riguardanti Kalam, la cui sottotrama è forse la più avventurosa (in senso classico) del romanzo.
Concordo su tutto e aggiungo che miglioreranno sempre di più. Dato che ora stai leggendo Memorie di Ghiaccio, noterai un ulteriore aumento della qualità di scrittura e relative scene d'azione. Mi raccomando, goditi ogni singola riga di questo romanzo perché è decisamente un capolavoro ed uno dei più belli di tutta la saga.
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3) DIALOGHI. Come per il punto numero 1, il modo in cui Erikson immagina e struttura i dialoghi è un altro dettaglio stilistico che ho adorato. Immaginate di trovarvi ad ascoltare un dialogo tra due persone che parlano di cose che riguardano loro 2. Vi aspettate che, nel parlarne, inizino da Adamo ed Eva spiegando per filo e per segno ogni dettaglio della situazione di cui stanno parlando? No, non sarebbe realistico. Nei romanzi Fantasy il dialogo diventa uno strumento narrativo per spiegare al lettore ogni dettaglio di ciò che sta avvenendo. Erikson immagina i dialoghi in maniera più matura, lasciando parlare i personaggi come se fossero reali, senza imporre loro l’esigenza di spiegare ogni particolare di ciò di cui stanno parlando. Realismo e complessità. Il problema è che, come per i precedenti due punti, nei Giardini tutto ciò è esageratamente esasperato, e il risultato è che molti dialoghi risultano eccessivamente enigmatici, quasi fossero indovinelli. A tratti quindi appaiono macchiettistici, mentre anche questo difetto si perde con la Dimora, che pur senza stravolgere l’impostazione criptica di base del dialogo, ci regala conversazioni realistiche, originali e scritte come Dio comanda.
In definitiva, tecnicamente un romanzo molto migliore del primo.
I dialoghi con Erikson sono stati il cosiddetto "primo amore". Molti autori li usano per dare informazioni, Erikson li usa per mantenere la saga viva.
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Altro elemento tecnico che sto amando è la totale assenza di flashback
Diciamo che Erikson l'unica volta che lo fa, ci ha scritto un romanzo intero
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Il livello di epicità, pathos, empatia, drammaticità, sofferenza, crescita e distruzione che raggiunge la trama della Catena dei Cani è emblematico di quanto un romanzo fantasy possa essere profondo e letterario. La guerra del mondo di Erikson è la nostra guerra, con la sua ciclicità, la sua inutilità, la sua spirale di devastazione e logoramento, la sconfitta perenne, che riguarda vinti ma anche vincitori, lo smarrimento e la perdita di se stessi. Inutile citare quanti bellissimi spunti di riflessione possano citare pagine come quelle, che son sicuro si ripeteranno ancora ed ancora nei libri prossimi.
Con queste tue parole mi è venuta in mente questa citazione proprio della Dimora Fantasma:
La Catena dei Cani, Duiker che parla con Lull:
"
I bambini muoiono"
Lull annuì. "
Ecco un sintetico riassunto della storia dell'umanità. Chi ha bisogno di tomi e volumi? I bambini muoiono. Le ingiustizie del mondo sono racchiuse in quelle tre parole. Ti basterà citarle, Duiker, e il tuo lavoro sarà bell'e fatto".
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Detto ciò io mi fermerei perché mi son dilungato anche troppo, si potrebbe scrivere all’infinito su questi due bellissimi libri, ho tralasciato una marea di argomenti! Ma ci sarà tempo per discuterne.
A noi piace un sacco discutere
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Sulla grandiosità della catena dei cani mi sono espresso. Coltaine è un personaggio che simboleggia benissimo quel mancato focus sui personaggi di cui parlavo nel primo post. Altri autori avrebbero scritto pagine e pagine e pagine su un personaggio tanto carismatico, con flashback, digressioni, aneddoti sul suo passato ecc ecc. Erikson non lo fa, e dimostra come si possa costruire un gran personaggio concorde con la struttura tematica di una saga senza , nei fatti, caratterizzarlo minimamente. Noi di Coltaine non sappiamo niente di niente.
Io spero davvero che questo personaggio non ritorni nei libri successivi, perché ciò vorrebbe dire che nella visione eriksoniana del suo mondo i personaggi non sono elementi da sfruttare per riempire gli spazi privi di idee, ma pedine che svaniscono dalla storia di un mondo infinitamente più complesso di loro nel momento esatto in cui il loro ruolo si conclude. E io credo e spero che quello di Coltaine si sia concluso con quell'epilogo tanto visionario e poetico.
Di Coltaine non abbiamo mai un punto di vista nel libro. Lui lo conosciamo solo per come viene visto da altri personaggi. Come hai detto giustamente, di lui non sappiamo nulla, eppure rimarrà inevitabilmente scolpito nella nostra mente.
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Duiker è il personaggio meglio caratterizzato del romanzo. Attraverso le sue riflessioni assistiamo alla piena maturazione di un uomo che assiste a tutto ciò a cui nessun individuo dovrebbe mai assistere. La sua morte (..o quasi) dopo l'agonia della crocifissione è il simbolo di quanto eroica e straziante sia stato il sacrificio di tutti i soldati protagonisti di quella enorme impresa.
Sono perfettamente d'accordo, inoltre aggiungo che in questo libro è il mio personaggio preferito. Lui lo vedo un po' come Erikson stesso che si cala nel libro per spiegarci cose. Tuttavia non si limita solo a questo e si eleva come uno dei personaggi più belli. Con lui abbiamo avuto modo di vedere quanto dell'archeologo e antropologo che è Erikson c'è nei libri Malazan.
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Anche le scene della Silanda riguardano questo discorso, grandiosamente immaginifiche.
Tieniti bene a mente quella scena, perché verrà ripreso nel quarto volume, poi nel quinto e nel settimo avrai a disposizione gli ultimi tasselli per completare questa splendida chicca che c'è nella saga.
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Crockus rimane un personaggio piatto e noioso all'inverosimile. Il Violinista acquista lo spessore che non aveva nel primo volume. In tal senso Erikson è in grado di stravolgere i propi personaggi donando loro sfumature nuove al momento giusto.
Crokus è il classico personaggio stereotipato, l'unico della saga, anche se avrà il suo sviluppo anche lui.
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E' incredibile come Tattersail e Paran siano diventati a tutti gli effetti due personaggi nuovi rispetto a quelli conosciuti nei giardini grazie agli influssi delle entità divine su di loro, davvero grandioso
E migliorerà ancora, su tanti altri personaggi. Paran in particolare avrà uno sviluppo mostruoso rispetto a come l'abbiamo conosciuto nei Giardini.
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A differenza di molti io non sono rimasto stregato dai personaggi di Mappo e Icarium, non tanto perché non siano interessanti, anzi; il potere stravolgente di Icarium, il mistero della sua origine e la bellissima amicizia maledetta tra i due rendono questi due soggetti degni di un enorme potenziale. Però a mio avviso la loro vicenda nella dimora termina in maniera anticlismatica, e questo fa perdere un po di valore alla loro storyline. Probabilmente però è solo perché i due avranno ancora molto da dirci e l'autore non ha voluto sparare le proprie cartucce subito.
Avrai tutto il tempo per appassionarti di loro. Nella Dimora vengono più che altro presentati, poi la scena è tutta per La Catena dei Cani.
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Iskaral Pust è un personaggio stupendo nella sua bizzarria. Come era stato per Kruppe, trovo che Erikson sia un maestro nel tratteggiare i personaggi strampalati, all'apparenza fuori di testa ma in realtà possessori di grandi poteri o ruoli.
Piccolissimo spoiler su Kruppe e Iskaral.
E se ti dicessi che potrebbero incontrarsi in futuro?