Malazan Italia Forum

Capitolo 5

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 24/11/2019, 16:19     +1   +1   -1
Avatar


Group:
King of Chain
Posts:
13,509
Location:
Asgard

Status:


Ringrazio Claudia,trovate tutti i riassunti nel suo Blog

CAPITOLO QUINTO
FINTE E DESTINI

Kiska


Nell'ombra della stanza Kiska osserva Artan e Hattar comunicare a gesti. La guardia ha le armi sguainate e pronte, sembra decisa a combattere, ma Artan gli ordina con decisione di rinfoderarle.
Dall'oscurità tutto intorno a loro una voce li sorprende.
- Saggia decisione Tay.
Tay? Kiska osserva Artan.
La porta si apre e il cultista entra togliendosi il cappuccio, i lineamenti sono banali, comuni, ma gli occhi neri luccicano di potere.
- Buonasera Tay.
Kiska riflette incredula, Tay come Tayschrenn, il sommo mago dell'Impero Malazan? Il più potente dei maghi al servizio della reggente?
- Cosa ti porta qui questa sera?
Chiede il cultista con un mezzo sorriso.
- Come sempre, mi preoccupo del bene dell'Impero.
- Ancora attaccato a quel vecchio concetto di neutralità, ai doveri.
- Come sempre, mi preoccupo nel lungo termine.
- A lungo termine? Tu servi solo te stesso Tay.
Il sorriso si trasforma in scoramento, poi il cultista abbandona la sua messinscena passando ad un tono più pratico.
- Se davvero sei neutrale resta qui, chiunque sia al piano di sopra è un partecipante, non fare niente e stanne fuori fino all'alba.
- Forse.
Il mezzo sorriso torna sul volto dell'uomo.
- Si, certo. Forse.
Il cultista si volta, lascia la stanza dirigendosi verso le scale che salgono all'ultimo piano e scompare alla vista.
Artan si siede stancamente, Kiska allibita lo osserva riprendere fiato. Quella stessa notte lo aveva visto affrontare quindici cultisti con non più di una smorfia sul volto, ed ora, una breve chiacchierata pareva averlo privato di ogni forza.
- Era davvero Dancer? - Chiede Kiska.
- Non in carne ed ossa, solo un'immagine proiettata, ma si, era lui. - Risponde Artan.
- Ti ha chiamato Tay, Tayschrenn?
- NO! - Ringhia di risposta la guardia del corpo.
- Si. - Risponde stancamente Artan.
Kiska trattiene le mille domande che gli sorgono alla mente, come può lei, un'umile nessuno di una città senza valore, rivolgersi ad un uomo così importante. Poi la ragazza impallidisce ripensando a quanto irrispettosamente si è comportata davanti a quell'uomo per tutta la notte.
- Qui dovremmo essere al sicuro. - Aggiunge Tayschrenn.
Kiska si siede a sua volta mentre Hattar accende alcune candele.
- E ora cosa facciamo?
- Ora aspettiamo.
- Tutto è tranquillo. - Dice Kiska adocchiando il soffitto.
- É in stile Malazan, silenzioso come un sicario. Parlami di te ragazza.
- Non c'è nulla da dire, mio padre era un pescatore, è morto, mia madre è una sarta, non ho mai lasciato l'isola.
- E Agayla? Come sei diventata la sua apprendista?
- É stato un incidente, volevo derubare il suo negozio ma mi ha beccata.
Tayschrenn si mette a ridere.
- Ero molto giovane... Ma voi due vi conoscete?
- Solo di reputazione, si può dire che siamo colleghi.
Kiska si perde qualche attimo in riflessioni, è stanca ed è stata una notte faticosa e piena di tensione. Gli occhi di tutti continuano ad andare al soffitto.
- Cosa ne pensi?
Si decide a chiedere la ragazza.
- Mi chiedo chi stia intrappolando chi. Surly ha preparato una trappola per Kellanved, ma il tempo e il luogo di questo incontro erano stati decisi dall’Imperatore molto tempo fa. Quindi l’incontro parrebbe una trappola per lei, ma nonostante ciò lei è venuta, non poteva non venire, entrambi dovevano. E cosa sperano di ottenere lui e Dancer? Tutti quelli che li supportavano sono morti o dispersi, nessuno di coloro che è al potere li seguirà se dovessero tornare.
- E il messaggio di Oleg?
- Non si capisce se quell'uomo sia un profeta da ascoltare o solo un folle, ma secondo ciò che ha detto, Dancer e Kellanved sono tornati per morire, e nessuno dei due permetterebbe una cosa del genere, non lo posso credere.
Un flebile suono dal piano di sopra, passi, inframezzati dal rintocco di un bastone da passeggio. Kellanved.
Kiska sente una forte pressione montare attorno a sé, un'energia che si accumula. Si volta verso il sommo mago e lo vede tenersi la testa con entrambe le mani, un rivolo di sangue cola dal naso.
Il rumore di passi si interrompe e Kiska riesce quasi ad immaginarsi i due che parlano al piano di sopra.
Poi, di colpo, la tensione viene rilasciata, il soffitto trema come sotto un impatto, le si tappano le orecchie e si spengono le candele. Si sente un botto seguito dal clangore metallico delle armi, infine un ruggito rabbioso e il tonfo di qualcosa che cade, poi il silenzio.
Hattar con noncuranza si rimette ad accendere le candele.
L'urlo di una donna interrompe la calma, ma non sembra un grido di terrore o dolore, sembra colmo di rabbia e frustrazione.
Tayschrenn si alza, scambia messaggi concitati con Hattar e Kiska si preoccupa che, in perfetto stile Malazan, vogliano fare piazza pulita di testimoni eliminandola.
I due sembrano litigare, infine il mago sospira e si rivolge a lei
- Devo salire di sopra, qui è ancora troppo pericoloso per lasciarti sola, ma Hattar rifiuta di restare con te. Come posso fare?
- Portami con voi. - Risponde prontamente Kiska.
Hattar continua a discutere con il suo padrone a gesti, ma oramai la decisione è presa.
- Resta di lato e due passi dietro di me, non dire nulla e guarda Hattar per sapere cosa fare.
I tre si avviano, Kiska fianco a fianco con Hattar, fiera della posizione in cui si trova, è decisa a dimostrare a quell'uomo che la sua fiducia è stata ben riposta.
L'atrio del piano superiore è più accogliente e riccamente arredato, tutte le porte di legno lucido sono chiuse tranne una e dal suo interno giunge, assieme alla calda luce del camino, una corrente d'aria odorosa di sangue e bruciato.
Tayschrenn entra e subito Kiska ed Hattar lo seguono. La stanza è ampia e priva di mobili, da un lato un grosso camino acceso emana calore a contrastare la corrente gelida che entra dalla porta sul fondo, spalancata su un balcone. Sparsi al suolo ci sono cadaveri, artigli, Kiska ne conta una dozzina. Al centro della stanza una donna seduta su una sedia semplice, ha i capelli corti e marroni, la carnagione bluastra dei Napan, gli abiti verdi e dal taglio semplice sono strappati e macchiati di sangue, ha i piedi callosi e scuriti di qualcuno che non indossa mai calzature, inginocchiato al suo fianco un artiglio le sta bendando una mano, Kiska lo riconosce, è Possum, quello che aveva affrontato la creatura in armatura.
Si avvicinano a lei, Tayschrenn sussulta quando il suo mantello striscia su una manciata di polvere rossa sul pavimento, la scrolla via e prosegue. Vicino alla donna si ferma e volta uno dei cadaveri per osservarne il volto, Kiska lo riconosce, è Ash.
- É andato allora? - Chiede il mago a Surly
Lei annuisce, ma non sembra del tutto soddisfatta.
L'uomo avanza verso il balcone dove si china a raccogliere un bastone nero con il pomo d'argento e Kiska si chiede se quella è la fine dell'Imperatore.
- Trovate il cadavere. - Ordina la donna all'Artiglio che si inchina e lascia la stanza.
Il mago esce sul balcone, esamina la ringhiera di pietra spezzata e crollata, poi si affaccia oltre e guarda giù verso il mare agitato.
- Non puoi essere sicura...
- É abbastanza certo. Assolutamente. É finita, fatta, mi stupisco che tu ti sia preso la briga di venire.
- In realtà sono stato portato qui da un'altra ragione, se vuoi saperlo.
La donna scatta con ira come per attaccare il mago, ma poi ci ripensa e gli risponde:
- Il fatto che tu sia qui ti smentisce. É finita, non sono più reggente, prenderò il trono e un nuovo nome.
- Salute all'Imperatrice - Risponde il mago, ma Kiska non è sicura del suo tono.
- Bene, abbiamo molto di cui discutere...
Tayschrenn ordina a Kiska e ad Hattar di andare a bordo del vascello imperiale a riposare e, nonostante la sua palese contrarietà, Hattar sospinge Kiska fuori della stanza e poi giù per la scala.
Kiska protesta brevemente, ne ha passate di tutti i colori per riuscire ad arrivare fino al Sommo Mago, non vuole essere liquidata così facilmente, ma la guardia la rassicura, l'indomani avrà ancora modo di incontrarlo.
I due non lasciano la fortezza, tornano invece nella sala dove erano rimasti nascosti durante lo scontro e si siedono al tavolo.
- E quella polvere rossa cos'era? Veleno?
- Otratal, annulla la magia, ora lui è indifeso lassù.
- Surly deve averla sparsa per la stanza, quindi Kellanved...
- Già, l'Otratal è una grande livella, solo coltelli e abilità contano.
Kiska ripensa a come potesse essere andata, il vecchio e zoppo imperatore impotente, Dancer da solo a combattere e difenderlo, quanti artigli morti? Dodici? Sorprendente.
- E adesso?
- Aspettiamo.
- È dalla prima volta che ci siamo incontrati che ce l’hai con me, perché?
- Ho perso tre amici stanotte, non mi importa nulla di te.
- So che stai solo facendo il tuo lavoro, ma questa notte è stata altrettanto dura per me, deve essere per qualcosa... - Esclama Kiska con frustrazione, ma quando si volta a guardare Hattar lo trova addormentato.
Dopo poco si addormenta anche lei.


Temper


Alla base della strada che dalla città sale alla fortezza Temper trova ad aspettarlo i due cultisti che lo avevano accompagnato lì qualche tempo prima. Uno dei due inizia subito a provocare Temper.
- Una perdita di tempo, proprio come ti avevo detto. E adesso sei asservito al nostro padrone!
- Dovresti imparare un po' di rispetto.
- Il nostro signore ti ha mandato a svolgere un compito, fallo e stai zitto. - Risponde il cultista ridacchiando.
- Se è Dancer che servi si, ho fatto un patto con lui, ma esso non comprendeva dover sopportare un cucciolo che parla troppo.
Senza preavviso Temper colpisce l'uomo alla tempia con un pugno guantato, il cappuccio si rovescia lasciando scoperto il volto di un giovane.
Il ragazzo estrae un coltello.
- Trait ci ha detto che sei pericoloso, ma secondo me sei solo un vecchio relitto. Adesso ti mando dal mio padrone.
Il ragazzo prova ad attaccare Temper col pugnale ma in breve il veterano glielo strappa di mano e glielo affonda nello stomaco. Temper dice con noncuranza al secondo cultista:
- Andiamo. - E si avvia lungo la strada.
L'uomo lo segue.
Si avvicinano al quartiere della Dimora Fantasma. Una cappa di nebbia densa ed innaturale avvolge quell'area della città, Temper la vede lampeggiare a causa delle luci degli scontri magici. Ringhi ed ululati dei mastini risuonano più avanti.
Temper raggiunge il limitare della nebbia e vede emergere un cultista che lo invita ad entrare con lui.
La nebbia li avvolge, è così densa da impedirgli di scorgersi l'un l'altro. Temper schiva istintivamente una creatura volante che gli passa accanto per poi svanire, si chiede se non sono finiti all'interno di un canale.
- Dove siamo?
- Da nessuna parte, letteralmente. Andiamo, non c'è molto tempo.
Più avanti la nebbia sembra diradarsi e Temper si ritrova ad osservare la Dimora Fantasma. Lo spesso muro di nebbia la circonda nascondendo tutto il resto della città.
Intorno al derelitto muro di cinta altri cultisti attendono. La scorta di Temper lo conduce da loro.
Temper osserva l'edificio, porta e finestre sono chiuse da pesanti imposte di legno e nulla proviene dall'interno. Il giardino che la circonda invece è in tumulto. I rami neri dei grandi alberi si contraggono come dita artritiche e il suolo sembra ribollire, sollevandosi ed abbassandosi come la superficie del mare.
Pralt, il capo del gruppo di cultisti, lo stesso che aveva parlato con Temper dopo l'attacco del mastino, raggiunge Temper.
- Allora, questa è l'Ombra?
- Non proprio, è una via di mezzo, un ponte creato da questa speciale notte.
- I mastini?
- Sono alle nostre spalle ormai, abbiamo altro di cui preoccuparci.
- Finora vi ho seguiti senza fare domande, ma adesso voglio sapere: cosa siamo qui a fare?
- Semplice, un assalto alla casa.
- Difese?
- Qui sorge il problema, nessuno sa davvero cosa sia questo posto, alcuni dicono un passaggio, altri sostengono un'entità, molti hanno provato a conquistarla nelle ere, ma tutti hanno fallito e ora sono legati ad essa, la difendono. E così, più il tempo passa, più essa diventa forte.
Temper scoppia a ridere.
- Dimenticatelo! Non c'è modo che io possa fare qualcosa in una situazione simile!
- So che non abbiamo la forza di battere la casa, ma non è quello l'intento.
- Non sono un diversivo!
- Ma non sei mai stato altro, anche quando combattevi con la Spada, eravate l'esca per attirare i campioni allo scoperto.
Temper combatte il proprio istinto di colpire l'uomo, d'altronde lo avevano sempre saputo, Dassem lo diceva spesso, ai tempi erano giovani e credevano che non sarebbero mai stati sconfitti. Non gli importava di chi davvero godeva dei frutti delle loro fatiche, del loro sangue e delle loro ferite.
E ora avrebbe dovuto condurre un attacco per distogliere l'attenzione, questo significava che il vero assalto sarebbe giunto da un'altra direzione e sarebbe stato più discreto.
Temper crede che quel compito spetterà a Dancer stesso.
Si avviano verso il cancello principale dove gli altri cultisti attendono.
- Temper starai al centro, tra me e Jasmine, gli altri tre seguiranno, prepariamoci.
La mano di Pralt si allunga verso il cancello ma una voce alle loro spalle li richiama.
- Non entrate!
Si voltano e Temper si trova davanti il vecchio Faro Balkat e il grosso Trenech. Hanno l'aspetto di sempre, il vecchio appare fragile, il compagno ha la sua espressione stupida, ma il gigante impugna una grossa ascia e il vecchio ha lo sguardo determinato.
I cultisti corrono ad accerchiarli ma vengono ignorati.
Pralt si fa avanti:
- La nostra missione non interferisce con la vostra, perché siete venuti?
- Non prendiamoci in giro servo dell'Ombra, se attraversate le sue barriere le indebolirete, e ciò non ci piace.
- Mi spiace, ma conosco le regole che vi dominano, non potete fermare nessuno che voglia entrare.
- É vero, ma vi chiedo di non farlo, non sapete con cosa avete a che fare.
- Stanno aspettando, dobbiamo agire. - Sussurra Jasmine a Pralt.
- Soldato! Se entrerai per te non ci sarà ritorno! - Continua Faro rivolto a Temper.
- Mi spiace Faro, ho dato la mia parola.
Il cancello cigola mentre Pralt lo apre, Faro tace e Trenech solleva l'ascia.
Un sentiero porta dal cancello all'ingresso della dimora, attorno il terreno è ondulato come se celasse tumuli sepolcrali.
Temper entra nella proprietà affiancato dai due cultisti che paiono tranquilli e rilassati.
Giunti a metà strada si fermano.
- Noi non avanzeremo più di così, non è come mi aspettavo sarebbe andata, ma ho ricevuto i miei ordini, mi dispiace. Addio soldato.
I cinque cultisti svaniscono nel nulla lasciandolo solo.
Attorno a Temper la terra sobbalza, i rami degli alberi si avvicinano minacciosi ed un fuoco blu sembra avvolgere tutto. Temper si volta, Faro e Trenech attendono affiancati bloccando l'apertura del cancello. Oltre loro, sulla strada, i cinque cultisti osservano la scena a braccia conserte.
Temper sta per gridargli minacciose parole di vendetta ma viene interrotto da un ruggito proveniente dalla casa, si volta. La porta si spalanca con uno schianto, polvere e calcinacci piovono dallo stipite, una figura enorme emerge dalla scura apertura.
Temper ha un istante per rammaricarsi per essere stato tradito, di nuovo. Non ha imparato nulla da Y'Gathan. Poi con un ruggito carica la figura.


Agayla


Obo e Agayla osservano la tempesta dalla collina in riva al mare, le folate di vento vorticano tutto attorno senza sfiorarli, la marea si è alzata a lambire la terra. Obo percepisce una presenza e si volta, due figure ammantate stanno risalendo il promontorio diretti da loro. Si fermano, scambiano qualche parola, uno dei due trova un posto riparato dove accucciarsi mentre l’altro prosegue solo.
- È arrivato il tuo ragazzo Agayla, sembra che perderò la scommessa.
Agayla si volta, lo sguardo confuso per qualche istante, poi risponde:
- Bene, molto bene.
Obo osserva la luce riflessa dal cranio rasato dell’uomo.
- Allora è lui, non mi fido di questo, l’odore del Verme è troppo forte su di lui.
- È libero da ogni legame, non lo avrei convocato altrimenti.
Risponde Agayla, poi prosegue rivolta all’altro:
- Benarrivato Tayschrenn.
Il mago imperiale indica il mare.
- È molto peggio di quanto mi aspettassi.
- Ne stiamo nascondendo buona parte noi, dall’isola.
- Mi ricorda l’Imperatore nei suoi momenti peggiori.
Obo si intromette:
- Confronto a questo, era solo un folle con uno stecchino affilato.
Si scambiano sguardi e tornano ad osservare l’orizzonte.
- State perdendo.
- Si, prima dell’alba falliremo, a meno che tu non decida di impegnare te stesso per la causa.
- Eppure ci sono delle forze che li stanno tenendo a bada…
- Lui è stato sopraffatto.
- Lui? Non c’è nessuno… Forse Osserec?
Obo sbuffa e Agayla si passa le mani sul volto.
- Davvero Tay? Tu più di tutti dovresti sapere che ci sono poteri antichi, che vedono te e l’Imperatore, l’Impero stesso come poco più di una stagione che passa, le vie per l’ascensione sono più varie di quel che immagini. Ma adesso non c’è tempo per questo, la campagna di sterminio dei maghi attuata da Surly lo ha lasciato esaurito, senza fonti da cui attingere, e così è stato sopraffatto.
- Lei non aveva modo di prevederlo.
- Ma tu si.
- Davvero?
Si intromette Obo.
- Avevo qualche presentimento, mi inquietava lo sbilancio tra poteri che si sarebbe venuto a creare. Ma, giuro su coloro che non hanno nome, non prevedevo nulla di così grave, pericoloso.
- E lo hai permesso.
Osserva Agayla.
Tayschrenn si giustifica dicendo che se avesse tentato di dissuaderla, Surley lo avrebbe sospettato di tramare con l’Imperatore e Agayla lo accusa di avere a cuore la politica molto più di quanto sarebbe saggio.
Sentendosi colpevole il mago sbotta:
- Lo volete il mio aiuto o no?
- Questo è il punto Tay, potremmo non volerlo.
Il mago resta sconcertato, si trova dinnanzi a due grandi poteri, che stanno per essere schiacciati, eppure rifiutano il suo aiuto.
- Ma l’isola, migliaia di anime....
- Per favore! Molti di più sono morti alla caduta di Unta, non fingere che ti importi delle loro vite. La tua preoccupazione è che, se noi cadiamo, dovrai intervenire per forza.
Si voltano di nuovo verso il mare, le luci sono più numerose, il fronte ora appare come una tempesta di una forza e dimensione incredibili, il clima è un effetto collaterale dello scontro tra due reami. Accedendo al suo canale, Thyr, Tayschrenn osserva la magia evocata dagli stregoni di ghiaccio, appare come una parete di luci boreali che scende dall’alto dell’atmosfera per proseguire ininterrotta al di sotto del mare fino a raggiungere un luminoso cuore di energia ultraterrena, racchiuso in un immenso blocco di ghiaccio. Tayschrenn tentenna sopraffatto dall’immensità del potere che percepisce.
Tayschrenn è convinto, come molti altri, che i Rider si scatenassero contro Malaz in cerca di una via per uscire dallo Stretto in modo da riversarsi in tutti gli altri mari, ma Agayla gli fa notare che potrebbero invece essere davvero interessati all’isola, alla Dimora Fantasma e al suo potere.
Tayschrenn maledice nella sua mente la donna, tutti i seguaci dell’Incantatrice e la loro capacità di vedere sempre oltre. Avrebbe potuto lasciare che Malaz cadesse, ma non può permettere che un simile nemico arrivi alla Dimora Fantasma, non senza la certezza che ne esca sconfitto.
- Molto bene Agayla, hai vinto. Avrai la mia forza, fino all’ultima goccia. I Rider devono essere contenuti.
Obo gli risponde sarcastico:
- Non aspettarti ringraziamenti.


Kiska


Kiska si sveglia di soprassalto nella stanza del Forte di Mock, una donna, la stessa maga dei mercenari incontrata ore prima, è china su di lei. Le mani della ragazza corrono alla cintura, ma non trova i coltelli. Hattar sembra svanito nel nulla e alla porta c’è il guardiano gobbo, Lubben.
La maga non sembra avere cattive intenzioni e Kiska si rilassa, le spiega che la stava esaminando perchè era avvolta da un leggero incantesimo di guarigione che la teneva addormentata, la donna aggiunge che Kiska ha una buona resistenza alla magia per esserne uscita da sola così in fretta.
Kiska scopre che è suonata la decima ora e che il forte è oramai deserto, i due la rassicurano e dicono di voler solo sapere cos’è accaduto.
Kiska spiega che Surly ha vinto, e dice alla donna di aver visto il cadavere del suo comandante, Ash.
- Quindi eri la? Lo hai visto morire con i tuoi occhi?
- Sono arrivata subito dopo, Surly ha detto che Kellan… che Loro sono caduti dalla balconata oltre la scogliera. Nessuno può sopravvivere ad una simile caduta.
Lo sguardo scettico che i due le lanciano la fa dubitare, si chiede dove siano Hattar e Tayschrenn, perchè le abbiano mentito e l’abbiano lasciata indietro.
- Hanno detto che era finita e gli ho creduto.
- Ma non lo è. C’è una grande interferenza che scuote i canali, sta succedendo qualcosa in città.
- Nella Dimora Fantasma. - Mormora Kiska ricordando le parole di Oleg.
- Esatto, e tutto il trambusto qui nel forte non era altro che un diversivo.
- Ma... tutti quei morti, Ash, per niente?
- Un massacro rende tutto più credibile. Andiamo Lubben, non c’è altro da scoprire qui.
- Portatemi con voi!
- È troppo pericoloso.
- Posso esservi utile, so delle cose!
- Cose come? - Chiede la maga scettica.
- Che tutto sarà finito all’alba, ma che non possiamo usare i canali o i Mastini ci troverebbero, e che la Dimora fantasma è un portale verso l’Ombra e…
- Basta! Certe informazioni vanno custodite con cura.
Il vecchio gobbo, che ora indossa tanti strati di armatura da rendere incredibile il fatto che riesca a muoversi, si offre di tenere d’occhio Kiska e i tre si avviano verso l’uscita.
- Tu sei Kiska giusto? Io sono Corinn, hai mai viaggiato nei canali?
- E i mastini?
- Basterà che ci muoviamo in fretta, stacci vicino, Lubben in retroguardia.
Kiska si sorprende di come l’uomo accetti il comando della strega e si chiede quale sia il suo rango.
La donna apre il suo canale con un gesto della mano, un portale, simile ad uno specchio fluido, si forma nell’aria. Kiska lo riconosce, Thyr, il sentiero della luce, lo stesso che si dice usi l’Incantatrice, la Regina dei Sogni.
Corinn entra nel canale attraversando la superficie d’argento liquido e Kiska esita.
- Forza ragazza, se perdiamo la maga potremmo rimanere a vagare nel canale in eterno. - La esorta il gobbo.
Kiska entra e si ritrova circondata da pareti riflettenti, ognuna mostra un’immagine della maga che le porge la mano e lei non sa quale prendere.
Il panico inizia a montare in lei ma la vera Corrin emerge da uno degli specchi e l’afferra.
Non c’è traccia di Lubben, la donna le spiega che in Thyr ognuno viaggia per conto proprio.
La donna la trascina avanti, camminano per un po’ accerchiate dalle loro immagini riflesse, man mano che proseguono Kiska inizia a notare delle differenze con le Kiska negli specchi. In uno è vestita di stracci, in un altro porta il mantello nero degli artigli, in un altro ancora ha perso un braccio.
- Cosa succede? Che significano le immagini? - Chiede a Corrin.
- Vedi delle immagini?- Le chiede la maga con irritazione.
- Si, tu no?
- Devi avere un po’ di talento per Thyr, sono solo possibilità, cose che potrebbero essere, non farci caso, non è per queste che siamo qui.
- E tu cosa vedi?
- Stiamo camminando su un ponte di pietra sospeso nel vuoto e il cielo è blu tutt’intorno.
- Ma come? Perchè?
- Perchè è più facile vedere le cose in quel modo, per il come, è complicato, ci vogliono molti anni di pratica.
Kiska immagina gli anni di pratica e meditazione, zia Agayla aveva provato ad addestrarla nella magia, ma Kiska non aveva la pazienza necessaria e alla fine la maestra aveva abbandonato il compito dicendole che con gli anni se ne sarebbe pentita.
E se ne era pentita presto, ma era stata troppo testarda ed orgogliosa per ammetterlo. Ora, dopo questa esperienza, l’avrebbe pregata di riprendere l’addestramento.
Mentre pensa ad Agayla una delle immagini di fronte a lei camba, Kiska vede la donna seduta sulla costa, i venti in tempesta le scuotono le vesti e la donna ha l’aria più stanca e disperata che la ragazza abbia mai visto. Per un attimo si guardano poi la vecchia la congeda bruscamente e l’immagine scompare. Corrin sgrida Kiska e la incita a proseguire nonostante le sue proteste.
Poco dopo la guerriera si ferma.
- Dobbiamo uscire dal canale prima del previsto, qualcosa blocca la strada, lo vedi?
Kiska guarda avanti, ma vede solo altri riflessi di se stessa, quando risponde a Corrin che non vede differenze si accorge di essere sola.
Le immagini riflesse attorno a lei si offuscano piene di nebbia e lei sopprime un’esclamazione di sorpresa quando si rende conto di trovarsi, per la terza volta quella notte, nel reame dell’Ombra.


Si trova su una collina sabbiosa, il cielo è grigio scuro sopra la sua testa, da lontano un suono ululante, un mastino o forse solo il vento.
Più avanti sorge una formazione rocciosa, un enorme blocco di quarzo scuro e frastagliato. La pietra cambia davanti ai suoi occhi, lame di cristallo sbucano e svaniscono ruotando, dando all’intera struttura una sensazione di indefinito. Kiska la trova bellissima, sente che in essa sono contenute le risposte a tutte le sue domande, è affascinata ed esaltata. Fa un passo avanti ma qualcosa la trattiene da dietro.
- Non è saggio guardare da troppo vicino.
Si volta a fronteggiare Edjewalker.
Kiska da le spalle alla roccia e si riscuote, ha la sensazione che sia successo qualcosa ma non sa bene cosa.
Da quel lato vede la collina digradare in un lago, sull’altra sponda sorge la parete del ghiacciaio che aveva visto da lontano nella sua precedente visita a quel reame, il ghiaccio risplende di luminescenze verdognole e azzurrine.
- Questa è l’Ombra, non dovrei essere qui.
- Eppure continui a giungere qui.
- Tu però puoi rimandarmi indietro giusto?
- È il mio lavoro.
- Cos’è quella cosa?- Chiede Kiska indicando oltre le sue spalle la formazione nera.
- Quella è la Casa dell’Ombra, il cuore del canale.
- Ma è…
- Viva? Si, e molto pericolosa.
- Pericolosa? E quelli che sono venuti a reclamarla?
- Gli occupanti del trono vanno e vengono, ma quello è il vero pericolo. - Risponde il non morto indicando il fronte di ghiaccio.
Viene da un altro luogo, si dice che siano stati gli Jaghut a permettergli di penetrare nel nostro mondo abusando della loro magia del ghiaccio.
- Ma c’è un pazzo, un assassino, che vuole prendere il trono, non farai nulla? Nemmeno lui appartiene a questo luogo.
- Questa è la minaccia più grande, ci sono poteri che stanno lottando contro la sua avanzata ma se dovessero fallire, se dovesse raggiungere la casa…
- Ma Kella… Il trono?
- Mi dispiace ma è un problema minore considerando cosa c’è in gioco in questa congiunzione. Ora devi andare.
Una densa nebbia la avvolge e suoni di battaglia sorgono intorno a lei. Una voce chiama il suo nome, prima da un lato, poi dall’altro, qualcuno si sta prendendo gioco di lei.
Kiska cerca di calmare i propri nervi ed estrae il coltello per passare all’offensiva. Dopo un breve scambio di colpi nella nebbia riesce a mettere fuori combattimento l’avversario, è una donna, i lineamenti delicati dei Talian, porta il mantello grigio dei cultisti.
La ragazza solleva l’arma in vista
- Perchè? - chiede.
Un ululato improvviso la fa sussultare di spavento e la cultista sogghigna soddisfatta.
Forse lo scopo della donna era quello di rallentarla abbastanza perché il segugio la raggiungesse, che stupida era stata restando a darle la caccia nella nebbia.
Voltandosi Kiska vede tra la nebbia il luccichio di due occhi verdi, non è lo stesso mastino della volta precedente, non che faccia differenza.
Tra il farsi colpire alle spalle cercando di fuggire o aggredire da davanti lottando, Kiska preferisce la seconda opzione. Cambia presa sull’impugnatura del coltello e si lancia all’assalto.
Al sesto passo di corsa inciampa in una mattonella dissestata e ruzzola a terra, mentre una cacofonia di suoni e voci in diverse lingue la circonda e i lampi della magia la sovrastano.


Temper


La figura gigantesca si china per uscire dalla porta della casa, indossa un’armatura a placche di bronzo, decorata con strane spirali, alla cintura porta due spade.
Temper si volta per fuggire ma al cancello vede Trenech con l’ascia stretta tra le mani.
Il vecchio Faro scoppia a ridere.
- Pazzi! Avete risvegliato lo jaghut. Il più potente tra quelli che hanno provato a impadronirsi della casa.
- Lasciatemi uscire, maledetti!
Dietro i due guardiani, Temper vede i cultisti ritirarsi.
- Soldato.
Riprende il vecchio,
- Sei entrato di tua volontà, mi spiace ma non possiamo lasciar uscire nessuno.
Vedendo le mani del vecchio luccicare di magia, Temper decide di scavalcare le mura per fuggire, ma il clangore del metallo lo costringe a voltarsi verso lo Jaghut.
Lampi saettano sopra la casa mentre il suolo prende a ribollire. Braccia e mani scheletriche emergono dalla terra, artigliano la superficie, bloccano la via verso il muro di cinta.
Lo jaghut avanza a passo di marcia, punta al cancello.
Supera Temper spintonandolo e facendolo finire fuori dal sentiero, a faccia in giù nella nuda terra. Qualcosa si contorce sotto l’uomo, altre mani scheletriche. Temper si trascina verso il muro di cinta, le spade in pugno. Riesce a raggiungere il basso muretto, ma le mani lo afferrano dal basso. Con pochi fendenti Temper se ne libera, ma altre si protendono cercando di afferrarlo.
Alcuni non morti si sono liberati del tutto, Temper li guarda orripilato allungarsi oltre il muro ed afferrare uno dei cultisti in fuga, trascinarlo all'interno e riaffondare nel terreno portandoselo dietro.
Dopo una breve lotta con i non morti riesce a salire sopra il muro, ma qualcosa lo colpisce al fianco. Si guarda attorno per osservare la scena: al cancello Faro e Trenech stanno combattendo il gigante, nelle strade attorno Artigli e Grinfie si scambiano colpi letali mentre vicino alle mura le due fazioni, neri e grigi, hanno abbandonato ogni animosità per mettersi ad abbattere i morti che cercano di scavalcare il muretto.
L’artiglio che lo ha colpito abbassa il cappuccio, è Possum, e da come è ridotto sembra aver combattuto duramente.
Temper cerca di assalirlo ma altre mani scheletriche lo trattengono, se ne libera con un fendente ma Possum ne approfitta e riesce a fuggire. Temper cerca di rialzarsi ma qualcosa gli afferra una caviglia, non è una mano ma un viticcio, una radice dura come l’acciaio impossibile da scalfire con la spada.
Temper si distrae un momento a guardare lo scontro magico tra cultisti e membri dell’artiglio finché un rumore lo fa voltare verso il giardino, uno degli alberi si è avvicinato, storto e scheletrico, freme nell’oscurità.
Un secondo viticcio lo afferra, poi un terzo.
Stanno cercando di trascinarlo sotto terra.
Temper cerca di opporsi affondando le lame nel terreno attorno a sé, ma è tutto inutile. Poco dopo si ritrova immerso fino alle ginocchia e preso dal panico continua invano ad affondare la spada. Un altro strattone verso il basso ed è completamente intrappolato.


Kiska


Kisca riprende conoscenza lentamente, è seduta a terra, appoggiata a un muretto.
- Sono sorpreso di trovarti qui.
La voce di Oleg la riscuote completamente, ma Kiska continua a non sapere dove sia “qui”.
Con l’aiuto dell’uomo si alza e sbircia oltre il muro, riconosce subito la Dimora Fantasma.
Nel giardino sul retro della casa, quattro cumuli di terra emanano vapore nella notte. Alberi contorti gettano ombre minacciose e la porta è invasa di erbacce. Il clangore delle armi risuona e le nebbie circostanti non bastano a nascondere le forme dei cadaveri stesi lungo il muretto di cinta.
Kiska si chiede dove siano Lubben e Corrin, sollevata di non trovarli tra i corpi li attorno.
Improvvisamente dei movimento nel cortile attirano la loro attenzione.
Oleg, in preda al panico, aggredisce Kiska interrogandola:
- È lui! Sta riuscendo! Ragazza, tu che sei stata nel reame dell’ombra. Il guardiano interverrà?
Kiska ripensa al suo incontro con Edgewalker.
- No, non farà nulla.
Oleg riprese a inveire:
- Non Lui, farò in modo che divenga uno schiavo per l’eternità! Deve essere mio!
Esclama delirante prima di scavalcare il muro e lanciarsi all’aggressione.
I viticci cercano di afferrare Oleg ma si riducono in cenere prima di riuscire a toccarlo.
Kiska riesce a malapena a vedere un altro uomo nel cortile e già Oleg gli si sta lanciando contro. I lampi di magia creati dallo scontro magico la accecano.
infine una terza figura, uno scheletro con arti enormi, si trascina fuori da uno dei tumuli e afferra l’avversario di Oleg immobilizzandolo.
Lo spettro esulta follemente mentre il non morto trascina l’uomo verso la sua tomba e Kiska finalmente capisce chi è l’uomo misterioso: un piccolo Dal Honese con i capelli ingrigiti, l’imperatore Kellanved.
Dall’ombra appare un’altra figura. Magro e scuro di carnagione, non porta più il suo mantello ma Kiska lo riconosce comunque: Dancer.
La ragazza non fa in tempo ad avvertire Oleg che il capo dei sicari lo afferra e lo scaraventa verso il tumulo. Lo scheletro libera l’Imperatore per afferrare lo spettro e trascinarlo urlante sotto terra.
Dancer aiuta Kellanved a rialzarsi e si dirigono assieme alla porta posteriore della Dimora.
Dancer attraversa subito la soglia, ma l’imperatore si ferma e si volta, guardandola dritto negli occhi. Le fa un cenno ed entra, chiudendosi la porta alle spalle.
Kiska si allontana lungo il muro della proprietà, svoltato l’angolo assiste qualche istante allo scontro tra un mostruoso gigante in armatura ed un uomo armato di ascia spalleggiato da un anziano mago.
Appoggiato al muro accanto a lei un cultista ferito ridendo dice:
- È finita, come non lo so, ma è finita.
Dal muro alle sue spalle sporgono due mani scheletriche che lo afferrano e lo trascinano via.
Kiska arretra e un altro paio di mani appare, queste indossano guanti a placche.
Un gigante in un’arcaica armatura si issa sul muro, è uguale a quello che ore prima aveva visto alla fortezza di Mock. Kiska lo guarda impietrita scendere al di qua del muro, lasciarsi cadere a terra e riprendere fiato.
Se respira non è un morto, riflette le ragazza. Non sa decidersi se fuggire o colpirlo finché è a terra.
D’improvviso si accorge che è calato il silenzio.
Niente clangore di armi, niente scoppi di magia.
Sbircia oltre l’angolo del muro, lo scontro tra il mostro enorme, uno jaghut e l’uomo con l’ascia si è interrotto. Kiska riconosce il guerriero e anche il vecchio che gli sta accanto, sono due dei soliti ubriaconi dell’Uomo Impiccato.
Il loro enorme avversario non sembra sconfitto, se ne resta fermo, nel giardino della proprietà, ad osservare i suoi avversari. Il vecchio gli parla in una strana lingua piena di vocali e il gigante risponde.
Il silenzio persiste, ogni scontro sembra finito e l’alba è alle porte.
Dalle nebbie Kiska scorge due figure che si avvicinano: Tayschrenn con Hattar che lo sostiene aiutandolo a camminare.
I due la osservano un po’ stupiti e lei si sorprende del senso di sicurezza che le infonde la loro presenza.
- Come stati? E come sei arrivata qui?!
- Mi ci ha portata un’amica.
- Un’amica con un pessimo senso del giudizio.
Kiska nota che l’uomo non è ferito, ma un potere freddo come una gelida brezza invernale lo avvolge da capo a piedi.
- Cosa succede nelle strade?
- Surly sospettava da tempo che dei rinnegati del suo ordine si fossero uniti al culto dell’ombra, ora sta facendo pulizia.
- Perché sei così delicato? Stanno sterminando i cultisti, liberandosi della concorrenza.
Risponde Kiska indignata, poi aggiunge:
- Comunque ormai è tardi…
- Tardi? che vuoi dire?
- Che mentre i cultisti si sacrificavano per distrarre gli Artigli ho visto due uomini entrare nella Dimora, gli stessi due che Surly ha dichiarato morti.
- Impossibile, quei due sono morti.
- No, li ho visti chiaramente.
- Kiska, sia io che Surly li abbiamo dichiarati morti, quindi lo sono.
Kiska si morde la lingua, è la terza volta quella notte che la sua vita dipende dal restare in silenzio.
Il mago va dall’anziano guardiano davanti al cancello e scambia qualche parola con lui, lo Jaghut è ancora immobile e osserva il secondo guardiano armato di ascia.
L’ultimo disperato attacco di un cultista ferito abbatte Trenech ferendolo a morte.
Lo jaghut ne approfitta e tenta un ultimo assalto.
I due maghi entrano subito in azione e la luce acceca Kiska.
Quando il mostro raggiunge il cancello, luce e calore esplodono con intensità terribile in una conflagrazione che ingloba sia lo jaghut, sia i due guardiani e Tayschrenn.
Hattar si lancia nel caos e poco dopo ne riemerge coperto di ustioni e sorreggendo tra le braccia il suo padrone svenuto ma apparentemente illeso.
Kiska si carica in spalla il mago svenuto e segue Hattar in cerca di un curatore.


Temper


Appena Temper riprende conoscenza, Corrin lo aiuta ad alzarsi.
Incoraggiati dal gobbo Lubben i due cercano di allontanarsi dagli scontri tra Cultisti e Artigli, ma non appena si avvicinano al cancello della Dimora Fantasma vengono scaraventati a terra da un’imponente esplosione.
- Cosa sta succedendo?
Chiede Temper a Lubben
- Il guardiano con l’ascia è caduto per mano di un cultista, ma i due maghi sono rimasti a combattere.
- Vado ad aiutarli
- No, andiamocene!
Protesta Lubben.
- Quei due controllavano il cancello per un buon motivo, non possiamo lasciare uscire lo jaghut!
- Dannazione Temper non è la tua battaglia, lascia che ci pensino gli Artigli.
- Quelli sono troppo intelligenti, se ne sono già andati!
Quando i due si avvicinano al cancello dalla cortina di luce emerge una persona che crolla a terra, i danni del fuoco sulla carne sono impressionanti, le mani sono completamente andate e il volto è a stento riconoscibile.
- Faro…
Sussurra Temper.
Una nuova onda di fiamme si risveglia al cancello quando lo jaghut tenta nuovamente di superarlo, Temper nota che la barriera sta iniziando a cedere.
- Soldato…
Rantola il mago ferito.
- Riempi il vuoto, soldato. Accetta il fardello. Diventa un guardiano!
Temper crolla sulle ginocchia. Perché tocca sempre a lui? Non ha fatto abbastanza??
- Accetto.
Corrin accorre al suo fianco.
- Dobbiamo andarcene!
- Corrin, puoi proteggermi da quelle fiamme?
- Ma sei impazzito?!
- Per favore…
Dopo una breve esitazione Temper riesce a convincere la maga ad aiutarlo a entrare nella Dimora.
Raggiunge la barriera e si prepara ad attraversarla. Appena oltre scorge l’ombra minacciosa dello jaghut.
Lubben lo raggiunge e si prepara ad andare con lui.
Corrin gli dà il via appena è pronta a schermarli e loro caricano verso il cancello.
Nei tre passi che impiegano ad attraversare la barriera riescono a percepire il calore e il ruggire delle fiamme, ma lo scudo di Corrin li protegge e passano oltre, dove li aspetta il gigante.
I tentativi di attraversare il cancello lo hanno ridotto male, i disegni sull’armatura sono completamente svaniti, la carne bruciata, ma le due spade sono ancora più luminose e terrificanti di prima, quasi incandescenti.
Il primo attacco dei due, che speravano nell’effetto sorpresa, fallisce miseramente e Lubben cade colpito a morte.
Temper contrattacca, riesce a tenere testa al mostro per un po’, poi cambia tattica. Si finge in berserk per qualche colpo lasciando che il gigante si abitui al suo ritmo forsennato di attacchi, poi lo sorprende fermandosi di colpo e tornando calmo.
Il vantaggio che ottiene non è molto, ma d’improvviso sente una forza incredibile emergere dal terreno e riempirlo salendo lungo le gambe, scacciando la stanchezza.
Si chiede se è questo ciò che si prova ad essere un guerriero consacrato e a quale divinità abbia promesso i suoi servigi.
I due continuano a combattere finché Temper si rende conto che sta ricominciando a stancarsi. Quella creatura sovrumana riuscirà ad avere la meglio sul lungo periodo.
Ma d’un tratto tutto cambia attorno a loro.
Oltre il muro di cinta la città è svanita e ci sono solo colline verdeggianti, la dimora stessa non c’è più, sostituita da un cerchio di grosse pietre monolitiche ormai divelte.
I due combattenti si fermano e Temper nota quanto l’aria sia diventata gelida.
In lontananza, sul mare, baluginano le luci verdi e azzurre dell’aurora boreale.
- Hanno fallito.
Dice lo jaghut in un Talian perfetto indicando verso sud.
Temper resta interdetto per un attimo.
- Chi ha fallito?
- Meglio non affidarsi ad alcuni alleati, umano. Ti deluderanno sempre.
Temper raduna le forze e resta in guardia, pensando ad un trucco dell’avversario per distrarlo.
- Sai chi sono, umano?
- No.
- Sono Jhenna
Ho combattuto con una femmina per tutto questo tempo? Si chiede Temper
- Non hai mai sentito questo nome? chiede ancora la Jaghut
- No, mai.
- Noi governavamo il mondo quando i tuoi antenati erano solo bestie vestite di pelli che vivevano nel loro stesso sporco. Noi vi abbiamo dato il fuoco! Vi abbiamo difesi dai K’Chain! Quello che voglio dire, umano, è: dimmi un prezzo!
- Cosa?
- Quello che desideri, qualsiasi cosa. Fatti da parte e te la darò. Conquisterò un regno che tu possa governare, ti insegnerò misteri a lungo dimenticati dai maghi del tuo tempo, conosco la posizione di immensi tesori nascosti da ere, posso darti il segreto dell’immortalità. Lasciami andare e avrai qualsiasi cosa desideri.
A Temper torna alla mente il “vecchio orco”, quando a Quon Tali l’imperatore aveva promesso ricchezze e potere in cambio della resa, per poi decapitare tutti comunque. E poi com’era il vecchio detto su truffe e tradimenti? “Fare affari con uno jaghut”.
- Quello che desidero è farti tornare nel buco da cui sei strisciato fuori.
Temper si aspetta un nuovo attacco ma la Jaghut sospira e continua a parlare.
- Sono delusa, ma me lo aspettavo. Ed ecco che arriva un’altra delusione.
Temper si volta solo un istante e vede un uomo avanzare lentamente verso la collina, zoppo o ferito.
Jhenna ricomincia a parlare. Spiega a Temper che ora si trovano in Omtose Phellack, il canale jaghut e che quella notte di congiunzione la ha permesso di portarli lì. Anche se sono intrappolati nel terreno della Dimora, il tempo nel canale qui non avanza. Potrebbe tenerlo lì per l’eternità.
- Pensa meglio alla mia offerta umano, di tempo ne abbiamo.
Quando Temper sta per cedere alla disperazione all’idea di passare un’eternità intrappolato lì, la figura che avevano visto risalire la collina raggiunge il muro di cinta.
Temper riconosce Edgewalker. Il non-morto lancia qualcosa verso di loro, un pezzo di bastone, o una bacchetta, completamente fatta di cristallo blu venato di verde, rotola sul terreno della proprietà, sprigionando consistenti volute di vapore, in breve non ne resta traccia.
Il nonmorto parla a Jhenna:
- I Rider sono stati sconfitti, non verrano a liberarti, i cultisti hanno cessato di attaccare la casa e io sono venuto ad impedirti di provare a fuggire passando dal regno dell’ombra. Con questo soldato all’entrata principale non ti restano molte opzioni, cosa farai?
- Hai sentito umano? Solo tu mi blocchi la strada, certamente sai di non potermi battere, accetta la mia offerta.
Temper chiede a Edgewalker se davvero la donna può tenerlo lì per sempre e lui gli spiega che può trattenerlo solo fino all’alba, ma che in quel canale il tempo scorre molto lentamente.
Jhenna accusa il non morto di parlare così per interesse, perchè se Temper rinunciasse toccherebbe a lui affrontarla. Edgewalker nega, dicendo che lui bloccherà comunque solo la via verso Ombra, lasciandola libera.
La jaghut è adirata e Temper prepara le armi, nonostante quelle dell’avversaria siano ancora nei foderi.
Ghiaccio scricchiola mentre piega le braccia, non si era accorto di stare congelando.
I suoi pensieri sono rallentati dal freddo.
- Ti chiami Temper, giusto? Temper della Spada?! Ma non è meraviglioso?
Scoppia a ridere Jhenna.
- Perché? Cosa?
- Forse non lo sai, ma Dassem Ultor è ancora vivo! E io sono l’unica che può portarti da lui.
- Bugiarda!
Chiedono conferma a Edgewalker ma lui si rifiuta di pronunciarsi, invece dice:
- Diffida del freddo, umano. Stai attento al ghiaccio che intrappola e al gelo che mette tutto a tacere.
La jaghut ringhia di frustrazione, uno scoppio di magia acceca Temper per un istante, quando l’uomo riprende a vedere scopre di avere le gambe intrappolate in un blocco di ghiaccio.
Jhenna attacca e, quando Temper solleva le armi per parare, dal terreno una nuova onda di energia lo riempie, vaporizzando il ghiaccio che lo trattiene.
I due combattono a lungo, finché, per errore, una delle lame della jaghut tocca la barriera al confine della proprietà, sprigionando un nuovo scoppio di fiamme.
Quando la luce accecante scema, Temper scopre di essere tornato a Città di Malazan, la casa, i tumuli e gli alberi inquietanti attorno a loro.
Si distrae un istante e la Jaght ne approfitta intensificando i suoi sforzi.
Temper è esausto, dolorante e disperato, teme di non riuscire a trattenerla ancora a lungo.
Un colpo d’ascia raggiunge la sua avversaria al fianco e un attacco magico la costringe ad arretrare. Temper allo stremo ne approfitta per continuare a combattere.
In breve Jhenna è sconfitta, si lascia cadere in ginocchio e si arrende.
- Sono finita, non mi resta niente, e ora tu scoprirai come la Casa ricompensa i suoi guardiani.
Una risata sommessa e disperata le rotola fuori dalla gola mentre radici contorte emergono dal terreno per ghermirla e trascinarla sotto terra.
La nebbia si dirada attorno alla Dimora, non c’è più nessuna traccia dei combattimenti avvenuti, niente armi, niente cadaveri. Oltre il muro di cinta Temper vede i soliti palazzi, la città è tornata.
Temper, esausto, crolla a terra come morto, appoggiato con la schiena al muro.
Una mano si posa sulla sua spalla,
- E’ l’alba, cercavamo di dirtelo…
E’ la voce di Corrin.
Alle sue spalle Lubben è all’erta.
- L’alba?
Mormora Temper prima di svenire.
 
Top
0 replies since 24/11/2019, 16:19   43 views
  Share