| Permettetemi di scrivere due parole su questo libro, adesso che l'ho concluso. Poche righe sull'esperienza complessiva: è stata la lettura che mi ha impegnato più tempo da quando ho avviato la saga, per tre motivi in particolare: aver prodotto i riassunti mentre leggevo, attività che ha richiesto una certa dedizione ; alcuni palesi difetti dell'opera, di cui parlerò più avanti; un lungo blocco del lettore durato mesi, il primo da quando ho iniziato con Erickson.
Una lettura iniziata quindi difficilmente, ma proseguita fluidamente nelle ultime settimane, fino alla sua conclusione. Ma passiamo alle mie impressioni, a caldo.
Venti di Morte parte con potenzialità straordinarie: ha un cast stellare, forse il più ampio fino a questo punto (tutti gli straordinari personaggi di Maree di Mezzanotte, cui si aggiungono Karsa Orlong e Samar Dev, Icarium e Taralad Veed, tutti i Cacciatori di Ossa con le loro importanti individualità, Onrack, Kilava, Ben, le tre sorelle, Kellanved e Cotillion, Toc e perfino Tool). Ha la più grande convergenza di storyline, maggiore di quella del volume precedente, e ha il vantaggio di partire dal punto di unione di due romanzi indimenticabili come il V e il VI volume.
Ci si dovrebbe aspettare, insomma, l'ennesimo capolavoro. Lo è stato? la mia risposta è no, ma non è una bocciatura.
Il romanzo a mio avviso parte bene, con alcuni capitoli lenti (e dovevano esserlo, perché bisognava descrivere le nuove caratteristiche del neonato impero e delle sue strutture sociali) ma originali: ho infatti trovato estremamente azzeccata l'idea di dipingere fin da subito gli oppressori Edur come oppressi. Il sistema socio-economico letheri è fin troppo radicato e solido per esser smosso dagli Edur, potenti dal punto di vista militare, ma barbari per tradizioni e istituzioni, inadeguati a gestire un mondo "avanzato". In tal senso, la superiorità del capitalismo sui valori arcaici dei popoli barbari è uno specchio della nostra storia.
Tuttavia, nonostante l'inizio originale e azzeccato, basta poco per avvertire i limiti del romanzo: un'eccessiva lentezza narrativa. Ma non è un'esclusiva questione di ritmo, non si tratta di un romanzo lento perché riflessivo, filosofico, o letterario (tutte caratteristiche che io apprezzo fortemente), bensì di una lenta sensazione di ridondanza delle sottotrame presenti. Per circa 2/3 dell'opera, costituiti in gran parte da tematiche di intrigo di palazzo, il romanzo procede stentatamente, tanto da darmi, per la prima volta dall'inizio della saga, la sensazione che Erickson abbia un pò "annacquato" le sue trame, dilungando volutamente capitoli che avrebbero potuto essere ben più succinti. Complotti, alleanze, controalleanze, patti, incontri, dialoghi che danno la sensazione di non sfociare in niente di concreto, e di ripetersi macchinosamente. Tutto ciò genera alcuni momenti di noia che personalmente, per me, sono stati un'autentica novità dall'inizio dell'avventura. Erickson dimostra, insomma, di non essere un maestro del complotto di palazzo, e questo volume sarebbe risultato migliore con qualche centinaio di pagine in meno.
Bisogna però dire che la situazione si risolleva e non poco nell'ultimo terzo di volume, con l'entrata in gioco dei Cacciatori di Ossa. Una linea narrativa che porta brio, ritmo e coinvolgimento nell'opera. Erickson riesce ancora una volta a creare un espediente narrativo bellico nuovo ( e ditemi se è semplice farlo, dopo 7 giganteschi volumi incentrati costantemente sul tema della guerra), grazie all'idea dell'invasione "silenziosa", fatta di imboscate, assalti, rapidi attacchi, avanzando la notte e dormendo di giorno, nascosti dalla magia di Mockra, in acque che si fanno sempre più torbide, movimentate e pericolose con l'avvicinarsi alla capitale. Innovativa e azzeccata, la storyline dei fanti di marina Malazan è senza dubbio la più ispirata del romanzo.
In generale però è tutto il romanzo che aumenta il proprio valore avvicinandosi al finale, un finale che mi ha positivamente sorpreso. Le linee narrative si incastrano e si chiudono in una grande convergenza, con un sapore di epico e conclusivo che Maree di Mezzanotte ( e ora capisco il perché) non mi aveva lasciato. Non è un finale all'altezza dei volumi II, III e VI, ma è un ottimo finale. Finale che, pulizia narrativa, atmosfere e compiutezza a parte, regala il pathos di molte scene tragiche, che obbligano il lettore a salutare alcuni dei personaggi più importanti della saga: Fear, Rhulad, Trull, Kettle, Toc.
L'autore si conferma un gran maestro quando c'è da scrivere di perdita, di sofferenza, di sconfitta, di tormento e maledizione. Mai banale, mai forzato, mai stereotipato.
Erickson fa cadere un impero le cui fondamenta economiche, sociali, politiche, amministrative erano costruite su pilastri d'oro, a causa dell'opera devastatrice di Tehol, che abbatte quei pilastri. Il capitalismo trionfa, è vero, ma ci sono dei limiti alla corruzione che l'oro e la bramosia del potere possono raggiungere senza portare a tragiche conseguenze. La storia è fatta di pagine che si cancellano per essere riscritte. Le cause di tale cancellazione, per Lether, stanno nella sua profonda essenza e nella cecità di un imperatore folle, lontano dalle sue origini e della sua gente, deviato dalle menti bramose e suicida dei burocrati letheri. Il collasso di due popoli corrotti, l'uno dal caos, l'altro dall'oro, è benedetto dalla loro unione. Rhulad, folle come il caos e vestito d'oro, cade. La stirpe Sengar cade. I sogni di conquista degli Edur cadono. I vili Patriottisti cadono. L'impero dei letheri cade, sotto il furore dei suoi stessi cittadini. In questo contesto di morte e distruzione, i Cacciatori di Ossa, complici, fanno il loro trionfale ingresso. E Tehol, sovrano illuminato e innalzato da un popolo rinnovato, si prepara a far sorgere un nuovo sole sulla cenere.
Questo è Venti di Morte. Un ottimo romanzo, con alcuni evidenti difetti di ritmo e fluidità narrativa, che non raggiunge i livelli dei romanzi migliori della saga, ma che si conclude come deve concludersi, lasciando un buon sapore nella bocca di un lettore esigente: il lettore della più grande epopea fantasy mai scritta.
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