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Epigrafi, Raccolta delle epigrafi de Maree di Mezzanotte

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view post Posted on 7/11/2020, 21:15     +3   +1   -1
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Soldato

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Pescara

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PROLOGO


LIBRO PRIMO


C'è una lancia di ghiaccio, da poco conficcata nel cuore della terra. L'anima al suo interno brama di uccidere. Colui che l'afferra conoscerà la morte. Ancora e ancora, conoscerà la morte.

LA VISIONE DI HANNAN MOSAG

CAPITOLO UNO

Ascoltate! I mari mormorano
e sognano di verità che si spezzano
nel crollare della pietra.

Hantallit di Miner Sluice


CAPITOLO DUE

Padrona di queste impronte,
amante della scia di dove
Egli è appena passato,
perché il sentiero da lui percorso
è fra tutti noi.

Il dolce sapore della perdita
nutre ogni ruscello di montagna.
Il ghiaccio che scende fino ai mari
percorre le nostre braccia
in rivoli caldi come il sangue.

Perché il luogo in cui Egli la conduce
ha perso le sue ossa,
e la pista su cui Egli cammina
è carne senza vita
e il mare nulla ricorda.

Ballata delle Antiche Fortezze
Fisher kel Tath


CAPITOLO TRE

Il volto rivolto alla Luce
tradito dall'Oscurità
Padre Ombra
giace sanguinante.
Non è visto e non vede
è perduto
finché i suoi Figli
non imboccheranno l'ultimo sentiero
e nella solitudine
fra gli sconosciuti
si risveglieranno.

Preghiera Tiste Edur


CAPITOLO QUATTRO

Ci sono maree sotto ogni marea
E la superficie delL'acqua
Non porta alcun peso.

Detto Tiste Edur


CAPITOLO CINQUE

Come tuono contro la pianura
Dove il sé abita fra gli occhi,
Sotto il colpo l'osso si infranse
E l'anima fu estratta
A contorcersi nella morsa
Della vendetta insoddisfatta...

L'ultima notte di Occhio di Sangue
Anonimo
(compilato da studiosi Tiste Andii
di Corallo Nera)


LIBRO SECONDO


Veniamo aggrappati al tempo
della nostra giovinezza
trascinati sulle pietre di questa strada
logorati e appesantiti
dai vostri desideri.
E zoccoli non ferrati risuonano sotto le ossa
per ricordarci ogni
fatidico attacco
sulle colline che avete cosparso
di semi gelati
in questa terra morta.
Inghiottendo il terreno
e mordendo il freno
ci arrampichiamo nel cielo, così soli
nei nostri modi inquieti,
un dimenarsi di membra
e le stelle di ferro esplodono dai vostri piedi
sfidando l'urgenza
avvertendoci del vostro morso selvaggio.

Destrieri (Figli a Padri)
Fisher kel Tath

CAPITOLO SEI

L'Errante piega il destino,
Un'armatura invisibile
Si leva a smussare la lama
Su un campo improvvisamente
Invaso dalla battaglia, e la folla
Pigia cieca, gli occhi cavati
Dalla difficoltà di queste circostanze
Dove cupi giullari danzano su mattonelle
E il caso cavalca una lancia
Di rosso bronzo
A infilzare mondi come crani
L'uno sopra l'altro
Finché i mari si riversano
A ispessire mani rivestite di metallo
Questo dunque è l'Errante
Che guida ogni destino
Senza sbagliare
Verso il petto degli uomini.

La Lettura delle Mattonelle
Ceda Ankaran Qan
(1059esimo anno del Sonno di Burn)


CAPITOLO SETTE

Voi non vedete altro che carne
nei fitti disegni
che punteggiano ogni danza
di motivi d'ascesa...
il rituale dei nostri giorni
la nostra vita ornata
di beni preziosi
come se stessimo pronti a partecipare
davanti a tavoli carichi di banchetti
e arazzi appesantiti
di semplici azioni
fossero tutto ciò che ci chiama
e tutto ciò che noi invochiamo
come farebbe la carne il cui sangue è pervaso
da qualcosa di diverso dal bisogno.
Ma la mia visione non è così
privilegiata e quello che io vedo
sono le ossa in un movimento spettrale,
le ossa che sono
gli schiavi e intessono
il solido mondo sotto i vostri piedi
a ogni passo che fate.

Gli schiavi sottostanti - Fisher kel Tath


CAPITOLO OTTO

Dove sono i giorni che un tempo tenevamo
Sciolti nelle nostre mani sicure?
Quando questi torrenti turbinosi
Hanno scavato caverne senza fondo sotto i nostri piedi?
E come ha fatto questa scena a vacillare
E a spostarsi rendendo pericolanti le nostre abili menzogne
Nei luoghi dove i giovani si incontrano,
Nelle terre dei nostri fieri sogni?
Dove, fra tutti voi davanti a me,
Sono i volti che un tempo conoscevo?

Parole incise nel muro,
Campanile di K'rul, Darujhistan


CAPITOLO NOVE

Potresti essere scritto così
Filato in matasse, cucito nel filo
Il sangue intessuto nel bambino che un tempo eri
Raggomitolato nella piega della notte
E i demoni oltre la coda
Del tuo occhio discendono
In un frullio di membra aracnidee
Che ti scuotono e ti catturano
Per il pasto che verrà.
Potresti essere scritto così
Ridotto all'incoscienza sul lato della strada
Vittima di un agguato sulla pista oscura
E i ricordi oltre la coda
Del tuo occhio succhiano nel fango
Terribili fluidi che trasudano
Da passati improbabili
E tutto ciò che avrebbe potuto essere.
Se fossi scritto così
Potresti infrangere la carcassa
E dispiegare ancora una volta
Il bambino che un tempo eri.

Vittima di un agguato
Wrathen Urut


CAPITOLO DIECI

Petali bianchi volteggiano e si increspano mentre scendono
giù verso il mare senza fondo.
La donna e il suo cesto, la mano che guizza rossa
in un movimento rapido, morbido, a spargere queste
ali pure, sospese per un attimo nel vento.
Si erge in piedi, una dea sconsolata, origine del volo
che fallisce e ricade sull'ampio petto del fiume.
Un cesto di uccelli destinati ad annegare.
Guardatela piangere nell'ombra della città
la mano disincarnata,
munita di artigli, incessante nella ripetizione,
dispensa la morte e nei suoi occhi
si legge l'orrore del vivere.

Lady Elassara di Trate
Cormor Fural


CAPITOLO UNDICI

Vele sbiadite cavalcano l'orizzonte
Lontane, tanto lontane da rimpicciolire
Il terribile messaggio
Scritto sulla tela collaudata.

So che le parole appartengono a me
Appartengono a me
Queste impronte lasciate dalla bestia
Della mia presenza

Prima e ora, più tardi
E in tutti i momenti nel mezzo
Quelle vele lontane spinte
Veloci su venti insensati

Che nell'attimo presente circondano
Il mio sé dal cuore di pietra
La graniglia di lacrime mai versate
Mi punge gli occhi.

Vele sbiadite aleggiano come sollevate
Sopra la linea curva del mondo
E io sono perso e incapace di rispondere
Se vogliano avvicinarsi o fuggire

Avvicinarsi o fuggire tempi non richiesti
In quel ventre gonfio
Di grida inascoltate lontane
Tanto lontane da qui.

Questo cieco desiderio
Isbarath (della Costa)


LIBRO TERZO


L'uomo che non sorride mai
Trascina le reti nelle profondità
E noi veniamo chiamati per restare a guardare
Gli occhi sgranati nell'aria soffocante
Sommersi dal suono vibrante
Della sua temuta voce
Che ci parla di salvezza
Nel cibo della giustizia compiuta
E nel nutrimento posato sul tavolo
Dei nobili desideri
Ci racconta tutto ciò per affinare le lame
Della sua pietà eterna
Squartandoci l'addome
L'uno dopo l'altro.

Nel Regno del Sapere
Fisher kel Tath

CAPITOLO DODICI

La rana in cima alla pila di monete
non osa saltare.

Detto degli Umur
Anonimo


CAPITOLO TREDICI

Dal nulla
Dal freddo sbigottimento del sole
Noi siamo le forme arcigne
Che tormentano il destino

Dal nulla
Dal rauco ululato del vento
Noi siamo gli spiriti oscuri
Che tormentano il destino

Dal nulla
Dalla mischia terrena della neve
Noi siamo i lupi della spada
Che tormentano il destino

Canto Jheck


CAPITOLO QUATTORDICI

Dov'è l'oscurità
Nei giorni passati
Quando il sole inondava ogni cosa
Di una luce divina
E noi brillavamo
Nella nostra giovane ascendenza
Grida felici e
Risate lontane
Trasportate dal flusso dorato
Di giornate senza riposo
Di notti dalle ombre
Infuocate dal fuoco immortale
Dov'è allora l'oscurità
Giunta alla morte del sole
Giunta strisciando
Per ringhiare rivelazioni
Sulla torrida discesa
Che ci trascina in basso
Verso questo momento.

Fuoco immortale
Fisher kel Tath


CAPITOLO QUINDICI

Un vetro nero ci divide
Il volto sottile della diversità
Sorto a indifferenza
Questi mondi fratelli
Che non puoi attraversare
O di cui non puoi trafiggere quest'ombra così netta
Da renderci irriconoscibili
Anche nel riflesso
Il vetro nero ci divide
Ed è più di tutto
E ciò che c'è tra noi
Annaspa ma non trova mai
Interesse o significato
Ciò che c'è tra noi è perso per sempre
In quella barriera di oscurità
Quando le spalle sono voltate
E noi rifiutiamo
Di affrontare noi stessi.

Prefazione a Il perdono Nerek
Myrkas Preadict


CAPITOLO SEDICI


Il vecchio fossato di scolo un tempo era stato un corso d'acqua, molto prima che le capanne venissero abbattute e i signori iniziassero a costruire le loro case di pietra. Detriti e limo nauseante formavano gli argini, dove i parassiti prosperavano. Ma là, nel mio petto, una fiamma scura divampava in silenziosa ira mentre percorrevo il sentiero in cerca della voce perduta, la voce di quel flusso libero, i ciottoli sotto la lingua impetuosa.
Oh, conoscevo così bene quelle pietre lucide, il tesoro confortante di un bambino e il modo in cui una sola goccia di lacrima o di pioggia poteva fare rifiorire il colore su quelle pietre asciutte: quel bambino ero io e quel tesoro era mio e quello stesso mattino ho scoperto il mio bambino, inginocchiato e sporco su quelle rive putride, a giocare con cocci rotti che non conoscevano che le tonalità del grigio, indipendentemente da quanto profonde e scroscianti fossero le lacrime.

Prima di Trate
Anonimo

CAPITOLO DICIASSETTE


Nessuno aveva mai visto una cosa simile. Il Mulino di Chorum era una meraviglia di invenzione. Ruote su ruote, granito e congegni incrociati, assali e raggi e cerchi di ferro, una macchina che si arrampicava dal fiume in corsa per tre livelli e macinava la farina più fine che Lether avesse mai visto.
Alcuni dicevano fosse merito della pioggia, il diluvio che riempiva il corso d'acqua attraverso il basamento di pietra del mulino.
Altri sostenevano fosse l'eccessiva complessità la causa di tutto, la presunzione della visione di un uomo mortale. Alcuni affermavano fosse stata la spinta di Errant, volubile e capriccioso che, quell'alba, diede voce all'improvviso ruggito delle esplosioni di pietra e delle grida del ferro; le enormi ruote che si staccavano e scoppiavano attraverso le spesse mura. Le lavandaie più a valle, la schiuma alle cosce, sollevarono gli sguardi per vedere il monumento di granito rotolare giù; non restò una piega, non sopravvisse una macchia, e il vecchio Misker, appollaiato su Ribble il Mulo, be' il mulo sapeva cosa faceva quando scattò in avanti e si lanciò a testa in giù nel pozzo, ma il povero vecchio Misker strinse il secchio attaccato alla fune e così penzolò libero, per scorticarsi le ginocchia sui ciottoli rotondi e imprecare a voce alta, un vento di tempesta che precedeva la fatale discesa della ruota dentata, alta quanto qualsiasi uomo, ma molto più alta di Misker (anche se appollaiato sul suo mulo) e non sarebbe stato difficile una volta che avesse finito con lui, perché il ratto... oh, ho dimenticato di menzionare il ratto?

Tratto da La storia del ratto (la causa di tutto)
Chant Prip

CAPITOLO DICIOTTO

L'attesa se ne sta sola
E affolla l'immenso vuoto
Questo scrigno chiuso in una stanza
Dal pavimento fallace la pedana
Illusoria sulla quale è accovacciato
Il trono della gloria di domani quando
I cacciatori giungono
Dall'oscurità del bosco
Dove si feriscono per seguire
Le ombre di sovrani autocratici
E di pretendenti, ma lui tiene duro,
La privilegiata indifferenza
Che è pazienza sterile
L'attesa se ne sta
Sempre sola davanti a questo
Trono vuoto, eternamente vuoto.

Casa del Trono Vuoto
Kerrulict


CAPITOLO DICIANNOVE

Invisibile in tutti i suoi lati
Questa cosa dalla pelle spessa ha confini
Indivisibili per ogni sentinella
Che sorvegli la geografia di
Definizioni arbitrarie, eppure le
Montagne sono sprofondate
I fuochi sono morti, e così le sorgenti
Questa striscia immobile di
Sabbia nera su cui cammino
Che interrompe i miei passi con le grossolane
Conclusioni che innumerevoli denti
Hanno digrignato, ormai tutti persi
In questa polvere buia, noi non siamo
E non siamo mai stati
I corridori giovani e freschi
Della vita sorta dalle estinzioni
Schiacciate (quella passata
Questa nuova) sacre e sicure
Ma il filo morto si muove non visto,
Il fiume nero striscia verso
Risoluzioni irrealizzabili
Verso il luogo privo di significato
Irrilevante in assenza
Di fili e ombre
Che si allungano dal passato al presente
E da queste linee cucite
Trovando questo in quello...

Tratto da Le sabbie nere del tempo (nella collezione
Poeti suicidi di Darujistan) edito da Haroak


LIBRO QUARTO


I fratelli piangono la mia morte, tutto l'amore è polvere
La fossa è scavata nelle pietre ammonticchiate di lato
Lastre vengono sistemate sulle sponde, il muro grigio cresce
I beni posseduti disposti accanto al luogo del mio riposo
Tutti sono attirati dal villaggio, si picchiano il petto
Levano un lamento funebre con fili di cenere
Si graffiano le guance, ferite sulla loro carne
Il ricordo della mia vita è abbandonato
In ventagli di terra gettati da pale di legno
E se fossi qui pallido e trasparente come un fantasma
Al limitare della vita
Testimone di fratelli e sorelle svelati dalla perdita
Fantasmi di disperazione in questo verde prato
Dove gli antenati sono di guardia, avvolti in pelli
Io potrei restare immobile, gli occhi chiusi alla corsa dell'oscurità
E abbracciare la spirale dell'indifferenza
Contemplando, finalmente, ciò che esiste per essere lieti
Ma la mia carne è calda, il sangue né fermo né freddo nelle vene,
Il mio respiro si unisce a questo vento
Che trasporta questi finti lamenti, sono esiliato
Solo in mezzo alla folla e a un tratto invisibile
Le manifestazioni della mia vita alle quali volgono le spalle
I sussulti della loro volontà, e tutto l'amore è cenere
Dove io ora cammino, per il piacere di nessuno
La fossa è scavata, le pietre ammonticchiate, il muro grigio sale.

Esiliato
Kellun Adara

CAPITOLO VENTI


Durante la guerra con i Sar Trell sembrava che la notte non dovesse mai finire. Prima dell'apparizione del Nostro Grande Imperatore, Dessimbelackis, le nostre legioni vennero buttate e ributtate sul campo di battaglia. I nostri figli e le nostre figlie piansero sangue sulla nuda terra e i tamburi dei nemici tuonarono ovunque. Ma nessuna macchia poteva resistere alla nostra fede, che splendeva spietata e ribelle. Aumentammo le nostre file, pulimmo e lucidammo i nostri scudi fino a farli scintillare come il sole, e colui che fra noi era più necessario, colui che era destinato a stringere l'impugnatura della spada del Primo Impero, diede la sua voce e la sua forza per guidarci in risposta al rauco brontolio delle grida di guerra dei Sar Trell. La vittoria era nel nostro destino, negli occhi di Colui che era delle Sette Città Sante, e in quel giorno, il Diciannovesimo nel Mese di Lethara nell'Anno di Arenbal, l'esercito dei Sar Trell venne annientato nella pianura a sud di Yath-Gathan e con le loro ossa vennero gettate le fondamenta, e con i loro teschi i ciottoli della strada dell'impero...

Il Dessilan
Vilara

CAPITOLO VENTUNO


Il Traditore se ne sta nell'ombra del Trono Vuoto.
Ecco perché è vuoto.

La Lettura delle Mattonelle
Ceda Parudu Erridict

CAPITOLO VENTIDUE

Un vecchio emerse dal canale, una creatura
Di fango e forti venti autunnali che saltellava
Come una lepre in una distesa di massi, attraverso
L'immobilità del tempo scardinato
Che si allunga paziente e inaspettato nel luogo
Dove giacciono le battaglie, corpi immobili
E che non si muoveranno mai più disseminati e sfigurati
Dalla morte come lingue perdute che tracciano segni contorti
Sulla porta di un tumulo, e lui lesse in modo corretto
Le conseguenze, lo scritto disarticolato
Squarciò le colonne abbattute come termiti schizzate fuori
Intorno ai suoi piedi danzanti, e lui gridò in gioiosa rivelazione
La verità che aveva scoperto: «C'è pace!»
Gridò. «C'è pace!» e non fu difficile,
Da dove io sedevo sulla sella, sollevare il mio arco,
Puntare e scoccare il quadrello, mutando corso al pazzo
E alla sua proclamazione. «Ora», dissi nel silenzio
Che seguì, «Ora c'è pace».

La disposizione del conciatore
Fisher kel Tath


CAPITOLO VENTITRE


«Un'enorme caverna sotterranea si apriva sotto il bacino, lo strato esterno friabile e poroso. Se qualcuno fosse rimasto in quell'antica grotta, la pioggia sarebbe stata incessante.
Ciononostante, undici fiumi alimentavano il terreno paludoso che un giorno sarebbe stato la città di Letheras e il processo di erosione che culminò nel crollo del bacino e nel catastrofico prosciugamento dei fiumi e delle paludi fu lungo e lento. Così, per quanto il Lago Settle sia di dimensioni modeste, è giusto ricordarne la straordinaria profondità. Il lago è, indubbiamente, come la botola di un tetto e l'enorme caverna, la casa sottostante. Perciò, la scomparsa verso le profondità della barca da pesca di Burdo, l'unico pescatore del Lago Settle, reti e tutto il resto incluso, non dovrebbe sorprendere. Né lo dovrebbe il fatto che da allora, poiché molti furono i testimoni della scomparsa di Burdo, nessun'altra barca da pesca abbia solcato le acque del Lago Settle. Ad ogni modo, io stavo, credo, parlando dell'improvvisa convergenza di tutti quei fiumi, dell'afflusso delle acque della palude, evento accaduto molto prima dell'insediamento in quella zona dei primi coloni. Colleghi studiosi, sarebbe stato un panorama sconvolgente, non trovate?».

Tratto da Storia geologica di Letheras, una conferenza tenuta dal Geografo Reale Thula Redsand alla Diciannovesima Cerimonia Annuale dell'Accademia Cutter (pochi istanti prima del Grande Crollo del Soffitto dell'Accademia). Commenti riportati dall'unico sopravvissuto, Ibal the Dart

CAPITOLO VENTIQUATTRO

Cinque ali per comperare un'udienza,
Là, ai sudici piedi dell'Errante
L'Eterno Domicilio basso e acquattato
In un'antica palude dove i fiumi hanno perso l'acqua
E il sangue reale scorre nel più limpido dei ruscelli
Intorno ai resti di alberi marciti
Dove le foreste un tempo si elevavano maestose
Cinque strade dalla Fortezza Vuota
Ti butteranno a terra sulla schiena
Con coltelli sacri e d'argento cesellati
I fiumi sepolti che rosicchiano le radici
Tutto turbina in bramose caverne sotterranee
Dove ossa regali ondeggiano e tintinnano
Nel limo, e cinque sono i sentieri
Da e per questa anima suddivisa
Per voi tutti cuori sperduti che sanguinate
Nel deserto.

Giorno del Domicilio
Fintrothas (l'Oscuro)


CAPITOLO VENTICINQUE

Quando gli dei della polvere erano giovani
nuotavano nel sangue.

Il sogno di Whiteforth
nel Giorno della Settima Chiusura

La Strega Piumata


EPILOGO

Questo è il momento, amici miei,
di distogliere lo sguardo,
mentre il mondo spiega le vele verso il nuovo,
in forme annunciate, tanto brillanti
quanto oscure, nel buio e alla luce,
con l'aprirsi dell'intera esistenza che
ci sta in mezzo.

Fisher kel Tath





Edited by SparklingLu - 7/11/2020, 23:30
 
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