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Epigrafi, Raccolta delle epigrafi de La Polvere dei Sogni

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view post Posted on 19/11/2020, 17:20     +2   +1   -1
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Soldato

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PROLOGO

Nota: queste due poesie non sono posizionate ad inizio pagina come tutte le altre, ma sono recitate da Rutt a Held, inframmezzate alla prosa. Ho deciso comunque di inserirle.

Rutt stringe Held
L'avvolge con bontà
Al sole del mattino
E poi si alzerà...

E comincia a camminare
In quel mattino
Con Held tra le braccia
E la sua coda ossuta
Striscia
Come una lingua
Saettante nel sole.
La lingua deve essere
Lunga
Quando cerchi
L'acqua
Come piace fare al sole...

Per tutto il giorno Rutt abbraccia Held
E la tiene
Avvolta
Nella sua ombra.
È difficile
Non amare Rutt
Ma Held non lo ama
E nessuno ama Held
Se non Rutt.

--------

Questa mattina
Vedemmo un albero
Dalle foglie grigie
E quando ci avvicinammo
Le foglie volarono via.
A mezzogiorno il ragazzo senza nome
E con il naso divorato
Cadde e non si mosse
E anche le foglie caddero
Per nutrirsi.
Al tramonto ecco un altro albero
Le foglie grigie fruscianti
Si preparano per la notte
E al sorgere del sole
Voleranno nuovamente via


LIBRO PRIMO


Percorrerò il sentiero da sempre percorso
Un passo innanzi a te
E un passo indietro
Soffocherò nella polvere al tuo passaggio
E strillerò ancora di più
Tutto ha lo stesso sapore
Anche quando fingi altrimenti

Ma qui, sul sentiero da sempre percorso
L'anziano mentirà nuovamente a se stesso
Possiamo sospirare come re
Come imperatrici su biglietti d'auguri
Risplendenti di un valore immaginato.

Percorrerò il sentiero da sempre percorso
Sebbene il mio tempo sia breve
Come se le stelle mi appartenessero
Qui, nelle mie mani
Dispensando piaceri
Che luccicano al sole
Mentre fluttuano e si depositano a terra

Per creare questo sentiero da sempre percorso
Dietro di te dietro di me
Tra i passi del passato, e i passi che verranno
Solleva lo sguardo, una volta
Prima che io sia svanito

Raccontastorie
Fasstan di Kolanse

CAPITOLO UNO

Lo squallore più abietto non è in ciò che il manto rivela,
ma in ciò che nasconde.

Re Tehol l'Unico e il Solo di Lether

CAPITOLO DUE

Non venire qui vecchio amico mio
Se porti cattivo tempo
Ero giù dove scorre il fiume
Non correvo più
Ricordi il ponte?
I frammenti grigi sono ormai scomparsi
E disseminati sulla sabbia
Non vi è nulla da attraversare
Puoi camminare seguendo il flusso dell'acqua
Curvando nel suo letto
E trovare l'ultimo luogo in cui
Il tempo va a morire
Se ti vedrò apparire in lontananza
Saprò che la tua resurrezione è giunta
In lacrime che annegheranno i miei piedi
Nel cielo che si fa scuro
Cammini come un uomo cieco
Le mani che a tentoni cercano
Io ti guiderei ma questo fiume
Non aspetterà
Mi spingerà verso il mare che tutto inghiotte
Sotto stormi di bianchi uccelli
Non venire qui vecchio amico mio
Se porti brutto tempo

Il Ponte del Sole
Fisher kel Tath

CAPITOLO TRE

In quell'ultimo giorno il tiranno disse la verità
Il figlio che era giunto dal mondo dell'oscurità
Ora s'innalzò come uno stendardo davanti alle mura del padre
E le fiamme deridevano come celebranti da ogni finestra
Migliaia di migliaia di manciate di cenere su quella scena
Si dice che il sangue non conservi né memoria né lealtà
In quell'ultimo giorno il tiranno vide così una verità
Il figlio nacque in una stanza oscura circondato da grida di donna
E avanzò in una fortezza oscura lungo corridoi echeggianti dolore
Solo per fuggire in una notte priva di luna sotto il velo
Del pesante pugno e del volto devastato del suo padrone
La procreazione provò a tutti quanti che un'ombra si allunga
Solo per poi tornare indietro dal suo catastrofico creatore rendendo sempre
Più profondo il suo desiderio e tale verità è palese quanto è nebulosa
Tiranni e santi devono cadere allo stesso modo
Nel loro ultimo respiro rapito dall'ombra
Nel loro riposo finale dove la verità li tiene prigionieri
Su un letto di pietre.

Il sole arriva lontano
Restlo Faran

CAPITOLO QUATTRO

Guardate quei festosi divoratori
La terra una distesa argentea di
Candelieri di scintillante peltro
E i tronchi abbattuti e rotolanti
Per aprire strade attraverso la foresta
Che un tempo esisteva, prima che i tronchi
Venissero abbattuti -
La chiamavamo la strada dei ceppi e
La chiamavamo strada della foresta quando
La nostra immaginazione moriva di fame
Puoi creare dei ventagli con le costole
Di pecora e bisacce per le cianfrusaglie
Pestando fino ad appiattire le spighe
Di piante vecchie -
Vecchie è meglio perché la spiga cresce,
Si dice, per sempre, anche quando
Non c'è nemmeno un avanzo da mangiare
E così ci portiamo il benessere in bisacce a penzoloni
Rugose e pelose, con diamanti e pietre preziose
A sufficienza da comprare una foresta o una strada
Ma forse non entrambe
A sufficienza persino per babbucce
Della pelle più morbida e imbottite di piuma
Morbide come la guancia di un neonato
C'è un segreto che conosciamo
Quando non resta altro
E il cielo ferma le sue lacrime
Una pancia può riempirsi e gonfiarsi
Di diamanti e pietre preziose
E una foresta può creare una strada
Attraverso ciò che era un tempo
Solo che non vi troverai ombra.

I pendoli un tempo erano giocattoli
Badalle di Korbanse Snake

CAPITOLO CINQUE

Il pittore deve essere muto
Lo scultore sordo
I talenti sono morti
Uno dopo l'altro
Come tutti sanno
Oh, lasciate che si dilettino
Guardiamoli con indulgenza
Non c'è fine al nostro talento
Per tollerare
Ma i talenti sono morti
Uno dopo l'altro
Ve ne consentiamo uno
Che meriti i nostri elogi
Il resto forse servirà
In modo funzionale
Ma la grandezza?
Quello è un titolo morto
Individualmente
Non siate avidi
Non mettete alla prova la nostra indulgenza
Il permesso
Appartiene a noi
Al di là del muro improvvisato -
I mattoni del nostro
Ragionevole scetticismo.

Un poema di aiuto
Astattle Pohm

CAPITOLO SEI

Lo scarabeo che avanza lentamente
non ha niente da temere.

Detto Saphii

LIBRO SECONDO


Ho sentito la storia
Di un fiume
Che si trova dove l'acqua scorre sopra la terra
Scintillante nel sole
È una leggenda
Ed è menzognera
Nella storia l'acqua è trasparente ed è per questo
Che è menzognera
Tutti sappiamo
Che l'acqua
È il colore
Del sangue
Gli uomini inventano leggende
Per insegnare lezioni
Così io credo
Che la storia sia su di noi
Su un fiume di sangue
E un giorno
Noi saremo trasparenti

Di un fiume
Badalle

CAPITOLO SETTE

Le orride creature sgomitano in riga
Una fila di scudi e una fila di volti dipinti
Hanno marciato fuori dalla mia bocca
Come hanno l'abitudine di fare i carnefici
Quando nessuno sembrava impegnato come loro
Con le loro preziose bandiere e gli stendardi
E con la musica per avanzare a tempo
Come hanno l'abitudine di fare i virtuosi
Ora vedo tutte quelle armi scintillanti bramose
Di scontrarsi nella discordia di un'attonita intesa
Cieche come millepiedi nel fango
Come le parole tra amanti
Nelle torbide profondità i cigni scivolano come foche
Scalando le pareti di ghiaccio della gelida prigione
Tutto quello che sogniamo è privo di catene

Confessioni del Condannato
Banathos di Rosa Blu

CAPITOLO OTTO


In seguito al mio studio di una vita sulle molteplici specie di formiche che vivono nelle foreste tropicali di Dal Hon, sono giunto alla conclusione che tutte le forme di vita sono impegnate in una lotta per la sopravvivenza, e che in ogni specie esiste una serie di inclinazioni naturali ma variabili, di condizioni fisiche e di comportamento, che a turno intervengono in favore o contro nella battaglia per la sopravvivenza e la procreazione. Inoltre, sono incline a pensare che nell'atto della procreazione, tali tratti vengano trasmessi. Per estensione, si può dire che tratti negativi riducono le probabilità di sopravvivenza e di procreazione. Sulla base di questi concetti, desidero proporre ai miei saggi colleghi riuniti in questa nobile assemblea una legge di sopravvivenza che riguardi tutte le forme di vita. Ma prima di farlo, devo avanzare un'ulteriore precisazione, desunta dalle indiscusse caratteristiche comportamentali delle, nel mio caso specifico, formiche. Il successo di una forma di vita spesso dà il via a un devastante crollo della popolazione tra gli avversari e, a volte, alla conseguente estinzione. E tale annientamento di rivali può essere una definita caratteristica di successo.
Pertanto, cari colleghi, vorrei proporre una modalità di funzionamento tra tutte le forme di vita, che nel mio trattato in quattro volumi ho umilmente chiamato Il tradimento del più adatto.

Rotoli ossessivi
Programma del sesto giorno

Indirizzo di Skavat Gill
Unta, Impero Malazan, 1097 del Sonno di Burn

CAPITOLO NOVE

Laggiù oltre i prati spettinati dal vento
Nella sensuale ansa del fiume
C'era una pozza poco distante
Nella pace lontana dagli impeti
Dove nemmeno le canne ondeggiano
La natura non perde tempo a proteggere il nostro bisogno
Di infinita contemplazione
Ogni rifugio è limitato
L'astuta sabbia afferra
L'ancora e persino i passi
Oltre l'ansa le correnti rallentano
In bagnate risate dove una giubba sbiadita
Avvolge le spalle di un ramo spezzato
Questi sono i pericoli che potrei scorgere
Sporgendomi in avanti se lo sforzo non si rivelasse
Così gravoso ma quel colletto cencioso
Non copre alcun pallido petto
Questa camicia riveste il fiume di schiuma
E apatici stracci fluenti
Ben presto abbandonai il difficile riposo
E fluttuai giù in cerca di stivali
Pieni di ciottoli poiché ogni uomo ha bisogno
Di un luogo su cui stare.

Resti di stracci
Fisher

CAPITOLO DIECI

Esiste qualcosa di più inutile delle scuse?

Imperatore Kellanved

CAPITOLO UNDICI


Nei primi cinque anni del regno di Re Tehol il Solo, non ci furono tentati assassini, insurrezioni, cospirazioni di portata tale da mettere a repentaglio la corona; non vi furono conflitti con i regni vicini o con le tribù di confine. Il regno era ricco, la giustizia prevaleva, la gente comune viveva nella prosperità e nella stabilità.
Il fatto che tutto ciò fosse stato raggiunto con una manciata di semplici proclami ed editti rendeva la situazione ancora più eccezionale.
Inutile dirlo, l'insoddisfazione tormentava Lether. La tristezza si diffondeva come la peste. Nessuno era felice, l?elenco delle lamentele, che accadeva di sentire nelle strade affollate, cresceva di giorno in giorno.
Ovviamente, era necessario fare qualcosa...

Vita di Tehol
Janath

CAPITOLO DODICI

Il mare è cieco alla strada
E la strada è cieca alla pioggia
La strada non accoglie i passi
I ciechi sono un'inondazione dell'oceano
Sulla riva della strada
Camminate allora non visti
Come bambini con le mani tese
Giù per vallate di accecante oscurità
La strada conduce giù attraverso ombre
Di divinità piangenti
Questo mare non conosce che una marea
Nelle stanze profonde del dolore
Il mare è la riva della strada
E la strada è il fiume del mare
Per il cieco
Quando odo i primi passi
So che è giunta la fine
E la pioggia si leverà
Come bambini con le mani
Tese

Io sono la strada che rifugge il sole
E la strada è cieca al mare
E il mare è cieco alla riva
E la costa è cieca
Al mare
Il mare è cieco...

Indovinello della Strada di Gallan
Canto Shake

LIBRO TERZO


I morti mi hanno trovato nei miei sogni
A pescare su laghi e in strane case
Che potevano essere dimore per famiglie perdute
Nei piaceri della completezza
E io vago in loro compagnia
Nel dolce conforto dell'appagamento.
I morti mi accolgono con avveduto sollievo
E non si curano del risveglio tradito
Che mi abbandona in questa nuova solitudine
Di occhi che guizzano e sipari che si aprono.
Quando i morti mi trovano nei miei sogni
Li vedo vivere nei luoghi nascosti
Non ancorati nel tempo e privi di età come i desideri.
La donna sdraiata al mio fianco ode il mio sospiro
Dopo le campane del mattino e mi pone domande
Mentre io giaccio sulla scia di quel concerto di sofferenza,
Ma non parlerà della solitudine della vita
O delle vuote spiagge su cui i pescatori sono di casa
E delle case mai abitate e che mai lo saranno
Che si susseguono in necessarie configurazioni
Per costruire per noi luoghi familiari per i nostri morti.
Un giorno viaggerò nei suoi sogni
Ma non dico niente al di là del mio sorriso
E lei mi vedrà cacciare sulle acque scure
Inseguendo il guizzo della trota e viaggeremo
In terre sconosciute nell'istante eterno
Fino a quando lei mi lascerà per il giorno che vive
Ma come i morti ben sanno l'arte della pesca
Trova la sua ricompensa nella gioiosa speranza
E nell'eterna pazienza dell'amore, e ora io credo
Che gli dei che esistono
Siano creatori dei sogni e questo è il loro dono
Questo fiume benedetto di sonno e sogni
Dove con meraviglia accogliamo i nostri morti
E i sapienti e i sacerdoti sono saggi quando affermano
Che la morte non è che un sonno e noi siamo per sempre vivi
Nei sogni di chi vive, poiché ho visto
I miei morti in viaggi notturni e vi dico questo:
Stanno bene.

Canzone dei sogni
Fisher

CAPITOLO TREDICI


Giunsero in ritardo nella terra vuota e guardarono con astio i sei lupi che li fissavano dall'orizzonte. Con loro c'era un gregge di capre e una dozzina di pecore nere. Non presero in considerazione il diritto al possesso di quel luogo da parte dei lupi, poiché nelle loro menti la proprietà era la corona umana che nessun altro aveva il diritto di indossare. Le bestie erano contente di condividere, nella lotta alla sopravvivenza, la caccia e il bottino, e capre e pecore avevano morbide gole e l'imprudenza era piuttosto comune tra i greggi; e i lupi non avevano ancora imparato i modi di quegli intrusi a due zampe. Mandrie e greggi costituivano il cibo per molte creature. Spesso i lupi condividevano i loro pasti con corvi e coyote, e capitava che si scontrassero con gli orsi per vincere un premio allettante.
Quando mi imbattei nei pastori e nella loro capanna nel pianoro, vidi sei teschi di lupo infilzati sopra la porta. Dai miei viaggi di menestrello avevo imparato a sufficienza per non avere bisogno di chiedere, dopotutto, quella era una storia intessuta in noi. Nessun commento, nemmeno per le pelli di orso sulle pareti, quelle di antilope e i palchi d'alce. Non un sopracciglio si sollevò per il mucchio di ossa di bhederin nella buca dei rifiuti, o per gli avvoltoi uccisi dalla carne avvelenata lasciata per i coyote.
Quella notte cantai e imbastii racconti per il mio sostentamento. Canzoni di eroi e grandi gesta e loro erano soddisfatti e la birra scorreva e lo stinco cuoceva a fuoco a lento e il profumo era gradevole.
I poeti sono creature mutevoli, capaci di scivolare nella pelle di un uomo, di una donna, di un bambino e di un animale. Alcuni tra di loro sono segretamente segnati, destinati ai culti di tutto ciò che è selvaggio. E quella notte condivisi il mio veleno e al mattino lasciai una casa priva di vita dove non restava da piangere nemmeno un cane, e mi sedetti sulla sommità di una collina con il mio flauto, e chiamai a me le bestie selvagge. Io difendo il loro diritto alla proprietà quando loro non possono, e non avanzo alcuna difesa contro le accuse di omicidio; ma moderate il vostro orrore, cari amici: non esiste una legge universale che ponga maggior valore alla vita umana rispetto a quella di animali selvatici. Perché mai avete sempre pensato il contrario?

Confessioni di duecentoventitre Consiglieri di giustizia
Welthan il Menestrello
(altrimenti detto il Cantante Folle)

CAPITOLO QUATTORDICI

Ribaltate questo folle e oscuro attacco
Tutti voi che un tempo conoscevo, impigliati come mosche
Nella rete immobile di giorni ormai andati
Sorgete dalla fresca schiuma bianca
A dispetto del mio tuffo nel mare
Ululate contro la mia folle corsa e questi selvaggi
Occhi ardenti, ma odo la chiamata
Di come un tempo era la vita e quanto calore
Nello stridio soffocato di locuste impegnate a sfregare
Gli alti fili d'erba del cammino di un bambino
E l'estate era infinita
I giorni rifiutavano di spegnersi e io giocavo
Selvaggio e guerriero, l'eroico artiglio
Sul quale i mondi beccheggiavano e oscillavano
Blu come giovane ferro e questi venti di mare
Ancora non soffiavano e non affondavano i corrosivi denti
Nella mia schiena impassibile e nel mio torace rigido
Capaci di prendere su di loro il peso dorato
Di migliaia di destini
Dove siete ora, miei levigati volti
Di quelle estati colme di sospiri
Di quando noi dei governavamo ferocemente
Il mondo selvaggio? Gusci vuoti che si rivoltano
Contro fili di seta stanca perduta nella mia scia,
E voi che correte con me in questa disordinata
Fuga, questo attacco che non possiamo ribaltare
E il sole che ci aspetta, aspetta con la sua
Promessa di dissoluzione, lo sfilacciarsi
Di giorni di gioventù, gli artigli spezzati, il torace
Sgonfio, le estati sospinte alla deriva, ora,
E per sempre.

Lamento dell'Artiglio Spezzato
Fisher

CAPITOLO QUINDICI

Gli uomini non conosceranno il rimorso
Non possono negare, non possono fuggire.
Accecate gli dei e aggiustate le loro bilance
Con catene e tirateli giù
Come le verità che odiamo.
Rimuginiamo davanti alle ossa
Di sconosciuti e pensiamo al mondo
Quando loro danzavano liberi da noi
Tempo fa e ora siamo diversi.
Ma anche parlare degli uomini e delle donne che eravamo,
alletta gli spiriti turbinanti
delle nostre vittime e così non andrà
mentre facciamo tesoro della pace e
della calma della simulazione, quali crudeli
armi della natura e del tempo
si sono abbattuti su tutti questi stranieri
di tempi passati, quando noi eravamo
testimoni compiaciuti?
Abbiamo schivato le lance della
Sfortuna dove loro inciamparono
Troppo maldestri e assolutamente
Inferiori, e troverete le loro ossa
In grotte di montagna e sui letti dei fiumi,
nei crepacci dei ragni bianchi sopra
spiagge bianche, in rifugi di roccia
nella foresta e in mille altri luoghi,
così tante che non uno solo,
può essere il responsabile; ma molte
sono le armi della natura, e la vivace occhiata
dei nostri occhi mentre loro
scivolano via, forse mormorano, a
un orecchio attento, all'ombra sempre presente
dietro a quelle morti, ma come, quelli saremmo noi,
silenziosi nel rimorso, indegni
beneficiari del dono solitario
che non ci lascia altro se non le ossa
di sconosciuti da fare girare e rotolare
nelle nostre discussioni.
Nel riposo sono mute ma
Ancora sgradite, poiché parlano
Come solo le ossa possono parlare, ma noi
Continueremo a non ascoltare. Mostrami
Le ossa di sconosciuti e piombo nello sconforto.

Lamento indesiderato
Gedesp, Primo Impero

CAPITOLO SEDICI

Seminatore di parole esci dall'avida ombra
I semi nella tua scia bevono il sole
E le radici esplodono dalle loro cortecce -
Tu hai creato questa landa selvaggia,
Un caos verde troppo reale da poter tollerare
Le tue parole svelano il cammino e cancellano le tracce
Con tronchi su tronchi e il futuro è perduto
Al mondo delle possibilità che tu hai nutrito
In quell'avida ombra, seminatore di parole
Presta attenzione alla loro verità, poiché non hanno bisogno
D'altro se non di una pioggia di lacrime e della luce del giorno.

Il sollievo dell'ombra (semplici parole)
Bevela Delik

CAPITOLO DICIASSETTE

"Ho raggiunto un'età per la quale gioventù è bellezza".
Breve raccolta di pensieri orribili (interludio)

Follia di Gothos

CAPITOLO DICIOTTO

Ciò che ti nutre è lacerato
Dagli artigli del tuo bisogno.
Ma il bisogno dimora per metà nella luce
E metà nell'oscurità.
E la virtù si rifugia nella cucitura.
Se il bisogno è la vita
Allora sofferenza e morte hanno un senso.
Ma se parliamo di voglia e meschino desiderio
La cucitura si rifugia nell'oscurità
E nessuna virtù riesce a opporsi.
Necessità e desideri creano un mondo grigio.
Ma la natura non concede privilegi.
E ciò che è virtuoso si nutrirà
Presto con gli artigli
Del tuo bisogno, come chiede la vita.

Qualità di vita
Saegen

LIBRO QUARTO


Quando la tua penitenza sarà finita
Vieni a cercarmi
Quando tutti i giudizi ricoperti di pietra
Avranno girato il viso
Cerca il ruscello sotto pergolati e fili
Di meravigliose perle
Giù tra le pieghe di colline sacre
Tra gli olmi
Dove animali e uccelli trovano riparo
Vieni a cercarmi
Sono nascosto nell'erba mai calpestata
Da cavalieri dal cuore infranto
E fratelli di re
Non una sola radice è stata strappata
Nella tremolante sofferenza del bardo
Cerca ciò che viene donato liberamente
Vieni a cercarmi
Nella scia della fuga oscura dell'inverno
E prendi quello che vuoi
Di questi boccioli
I miei colori restano in attesa di te
E di nessun altro

Vieni a cercarmi
Fisher

CAPITOLO DICIANNOVE

Nella fuga
Dal nemico invisibile
Udii i vuoti orrori
Della misera preda
Raccogliemmo i nostri sussulti
Per creare una canzone
E che gli ultimi passi siano una danza!
Prima che le lance colpiscano
E le spade affondino
Correremo con torce
E disegneremo la notte
Con sature indulgenze
Le nostre preziose ghirlande
Suscitano risate per affogare
Il massacro nelle stalle
Dello zoppo e del povero.
Intreccia le mani e lanciati verso il cielo!
Nessuno udirà i terribili
Gemiti dei sofferenti
Né sfiorerà con punte
Luccicanti guance dolenti
Su volti immobili
Fuggiamo ebbri di gioia -
Il nemico invisibile si avvicina
Dietro e davanti
E nessuno raccoglierà
La chiamata di questo messaggero
Poiché fino a quando saremo capaci
Di percorrere questi cerchi perfetti
Confonderemo i destini
Di voi arguti assassini!
Io sono con te!

Nemico invisibile
Eflit Tarn

CAPITOLO VENTI

Lascia che il sole scaldi il giorno.
Se la luce abbraccia i colori
Allora ciò che è unito è puro
E libero dal compromesso.
Cammina sulla pietra della terra
Con le sue criniere come gatti distesi in attesa
Mentre il vento scivola leggero
E ti accarezza
Gli occhi.

Lascia che il sole scaldi questo giorno
Armato contro ogni discussione
Solido nella sua convinzione.
I colori non ingannano
E la macchia non nasconde alcun desiderio
Di afferrare quelle masse grigie nel cielo
All'orizzonte
Dove ogni passo è bilanciato
Alla nascita del giorno.

Svegliati al calore del sole.
Conosceva altri amori passati
E rubò tutti i colori
Delle promesse eterne.
La polvere fluttua verso la vita
Solo nell'oro della luce.
Confida in ciò che non è nuovo
Poiché anche ciò che è nuovo è vecchio
E consumato dal peso.

Lascia che il sole dia vita al giorno.
Hai già camminato in questa direzione
Tra cacciatori nelle praterie
E amanti della morte che affollavano i cieli.
Gli eserciti si sono rincorsi;
i cavalieri sono comparsi sul crinale.
Fanciulle e cortigiani dimorano
In ombre perfette del futuro
Fino a quando ciò che è smarrito tornerà.

Lai dell'amore ferito
Fisher

CAPITOLO VENTUNO

Ascoltate adesso, questi sono gli incantesimi
E io assisterò al dispiegamento del vostro piacere
Saranno in una dozzina ad affollare la vostra tomba
Potrete leggere i morti in dodici volti
E i mesi invernali sono molto lunghi

Gli scudi sono ridotti in minuscole schegge
I rintocchi della guerra non saranno mai giusti
I folli si agitano nella cripta contando le tacche
E la neve copre tutte le tracce di sepoltura
Mentre i corvi solcano il cielo color dell'inchiostro

I bambini gattonano in prima linea
Con le braccia paffute a contrastare il male
Gli elmi ondeggiano sbilenchi in mezzo ai tumulti
E il sangue più rosso è quello appena versato
Attorno al pozzo gonfio e malsano

I cadaveri si rallegrano in solitaria compagnia
Le pareti della tomba risuonano del suono della tromba
Assurta a trionfo ed elemento di gloria
Mentre i caduti sono raggruppati insieme sotto terra
Ogni anno la primavera muore per poi rinascere

Ascoltate adesso, questi sono gli incantesimi
La storia è stata scritta per i corvi
Da bambini con le labbra rosse e gli occhi ammiccanti
Sull'estremità della loro lingua
E sembra che l'estate non avrà mai fine

Saluto alla Stagione della Guerra
Gallan

CAPITOLO VENTIDUE

È la pazienza antica
Sdraiata a pancia in giù
Sul fango lungo la costa di liane.
Tutti devono attraversare
Fiumi in piena.
Boccioli sgargianti fluttuano
trascinati dalla corrente verso
le sinuose mangrovie
che proteggono il mare calmo.
Ma niente scivola dolcemente
Nelle acque turbinose
A caccia della loro audace bellezza.
Noi girovaghiamo a disagio sulla riva
In attesa dei parossismi
Della necessità, l'improvvisa fretta
Di tuffarsi nel futuro.
I fiumi in piena
Sognano passaggi rossi
E le lucertole si nutriranno
Come hanno sempre fatto.
Facciamo affidamento sulla moltitudine,
il caotico tumulto,
il frenetico cammino sulla schiena
di persone care, padri e
madri, i calami che
disegnano elenchi di vite:
questa posizione solida, quel
scivolamento del desiderio.
La pazienza antica gonfia
La lingua, tutti i nomi
Scritti in mandibole affollate di denti -
Ci solleviamo, ci arrampichiamo
Gli occhi spalancati e la costa lontana
Ci chiama, quel futuro frastagliato
Tiene un posto in attesa per noi.
Ma il fiume rotola giù violento
Nella sua stagione rabbiosa
E le lucertole sguazzano beate
Al sole del tardo pomeriggio.
Guardami sono nell'ombra del
Loro pigro sguardo, e
Ora attendo con loro,
l'arrivo delle piogge

La stagione delle Inondazioni
Gamas Enictedon

CAPITOLO VENTITRE

Io sono il volto che non vorresti
Anche se ti ritagli un posto
Nascosto tra la folla

Miei sono i lineamenti che non vuoi vedere
Mentre accatasti le tue esili giornate
Nell'attimo che si insegue

La mia legione è inattesa
Una foresta divenuta alberi di nave
Steli d'erba, spade

E questo è il volto che non vorresti
Un fratello con brutte notizie
Nascosto tra la folla

Harbinger
Fisher

CAPITOLO VENTIQUATTRO


All'alba si misero in fila lungo le rive del fiume antico, un'intera città, quasi in centomila, mentre il sole saliva a est dell'imboccatura che si apriva nella baia profonda. Che cosa li aveva portati lì? Che cosa porta le moltitudini a un dato momento, in un dato luogo, in un dato istante in cui centomila corpi diventano un solo corpo?
Mentre le acque rosse si riversavano nelle lacrime salate della baia, loro stavano in piedi, immobili, senza parlare, e le fiamme abbracciarono la grande pira galleggiante e il vento abbracciò le vele inzuppate e il cielo abbracciò la nera colonna di fumo.
Il grande re di Ehrlitan era morto, l'ultimo dei Dessimb, e il futuro soffiava sabbia, il sussurro del vento non era che un ruggito di lotta reso pietoso dalla distanza, una promessa che si avvicinava minacciosa.
Erano giunti per piangere. Erano giunti a cercare la salvezza, poiché alla fine, anche il dolore maschera una debolezza egoista. Nella nostra vita piangiamo per ciò che perdiamo, per i mondi che non sono più. Un grande uomo era morto, ma non possiamo seguirlo, non osiamo, poiché per ognuno di noi la morte trova un nuovo cammino.
Un'epoca era morta. Una nuova epoca apparteneva alle generazioni future. Sulle bancarelle del mercato i vasai avevano impilato ciotole riportanti l'effige del re defunto, insieme a scene delle sue passate glorie, immagini ormai immortali, per sempre al di fuori del tempo. E quello era il vero desiderio delle moltitudini.
Fermatevi. Fermatevi adesso. Pregate affinché questo giorno non conosca fine. Pregate le ceneri disperse per sempre. Pregate che il domani non giunga mai. È un desiderio naturale, un desiderio sincero.
La storia muore, ma questa morte impiegherà del tempo. Si dice che il re indugiò, là, con il fiato corto. E la gente ogni giorno si radunava alle porte del palazzo, per piangere, per sognare altre fini, per sognare destini negati.
La storia muore, ma questa morte impiegherà del tempo.
E la lingua rossa del fiume scorre senza fine. E lo spirito del re disse: Vi vedo. Vi vedo tutti. Non riesci a sentirlo? Lo senti ancora?

Morte dell'Età Dorata
Thenys Bule


Edited by SparklingLu - 19/11/2020, 18:33
 
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